Nell'inferno di Kilis, al confine siriano «L'Isis spara i razzi sul campo profughi»

Domenica 29 Maggio 2016 di Cristiano Tinazzi
Migranti sbarcati in Italia (foto d'archivio)
KILIS (TURCHIA) - Decine di migliaia di persone nel distretto di Azaz, provincia di Aleppo, sono in fuga dall'avanzata dell'Isis. I miliziani di al Baghdadi sono arrivati ai sobborghi di Marea, teatro di violentissimi scontri nelle ultime ore, tagliando in due la zona controllata dalle forze ribelli. Senza supporto aereo della coalizione, difficilmente potranno resistere. La zona è sotto controllo dell'Esercito Libero Siriano, la principale forza combattente in opposizione al regime di Assad nel Paese. I civili intanto scappano. Chi può. Ma non riescono ad andare molto lontano. Il governo turco ha infatti chiuso da diverso tempo il varco di confine di Kilis. Non passa più nessuno e chi prova a farlo illegalmente viene arrestato e spesso rispedito indietro. Siamo nel sud della Turchia, a Kilis, e tutto quello che avviene dall'altra parte del confine lo possiamo solo sentire dai racconti dei rifugiati o vedere grazie alle telecamere degli attivisti. Una volta Kilis era un posto sicuro, un paradiso, se paragonato all'inferno siriano, dove migliaia di persone si sono riversate in questi anni di guerra. «Per noi non esistono i profughi, ci sono solo persone, esseri umani», dice Hasan Kara, il sindaco della città. «In questi anni il numero di chi è venuto qui ha superato quello degli abitanti. Centoventimila contro novantamila residenti turchi, ma non c'è mai stato un atto di intolleranza».

 

LE STRUTTURE
Ci sono due campi pieni di rifugiati fuori città. Uno sul versante turco e l'altro sul versante siriano. Quando era possibile attraversare la frontiera, Kilis era o la meta finale, per chi voleva rimanere vicino a parenti e amici dall'altra parte del confine, o una prima tappa verso il sogno europeo. Oggi la stessa città di Kilis subisce attacchi da parte dell'Isis. «Negli ultimi mesi abbiamo subito settantadue attacchi dello Stato Islamico. Tutti con i razzi. Sono morti quindici cittadini turchi e sei rifugiati siriani, mentre ottantacinque invece sono stati i feriti» racconta Kara. «Stiamo vivendo nel terrore, la gente ha paura di uscire di casa. Molti vivono in ansia: è una condizione terribile, soprattutto sul piano psicologico, perché contro i razzi non c'è difesa. E arrivano quando meno te l'aspetti».

IL DESERTO
Quella che un tempo era una città sicura oggi dimostra tutte le sue debolezze. Negozi chiusi e poca gente in giro. Ma nonostante tutto, la vita continua. Al municipio arriva una signora con dei cesti colorati pieni di bomboniere. Al piano di sopra una coppia si sta per sposare. Poi si sposteranno per festeggiare con amici e parenti. Mente si percorrono le strade della città si trovano storie condite di lutti e disgrazie, indipendentemente se queste siano di siriani o turchi. La morte non fa distinzioni e unisce i vivi nel dolore.

LA GUERRA
La guerra ha cambiato il volto di Kilis. Poco distante dal centro, in una via laterale, si intravede un gruppo di uomini seduti fuori da una palazzina. Bevono tè e fumano, scambiandosi strette di mano e abbracci. E' un funerale. Ahmed, siriano, ci porta al piano superiore. In fondo al corridoio vi è un cucinotto. Ahmed quasi lo riempie, con la sua mole imponente. Un grosso squarcio nel muro, un tubo che penzola e alcuni scaffali pieni di calcinacci e polvere, sopra una vecchia cucina a gas, sono l'ultimo ricordo che ha della sorella. «Dieci giorni fa lei si trovava qui in cucina, stava preparando la colazioni per tutta la famiglia. Ecco, non abbiamo sentito quasi niente, un tonfo sordo e da sotto, dalla strada, abbiamo visto alzarsi un mucchio di polvere. Mi sono ricordato che lei era qui e sono corso da lei e ho visto l'angolo della cucina distrutto. Ho spostato le macerie e ho cercato di aiutarla, era ferita alle mani, al petto e alla testa. È morta ieri in ospedale». Ahmed china il capo, tanto è composto il dolore di queste persone. Fuori gli uccelli non hanno mai smesso di cantare. A Kilis come in Siria, in questa guerra che sembra senza fine, sono sempre i civili a pagarne il prezzo più alto. E cercare una via di fuga, per loro, diventa sempre più difficile.
Ultimo aggiornamento: 11:10