Brexit, Tajani: «Londra sta già pagando l'errore di lasciare la Ue»

Mercoledì 19 Aprile 2017 di Marco Conti
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«Sarò domani a Downing Street per incontrare Theresa May e capire meglio il perché di questa accelerazione».
Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo è in viaggio per Bruxelles da dove si muoverà stamani alla volta di Londra.

Il voto anticipato in Gran Bretagna rischia di cambiare il timing europeo sulla Brexit?
«Non credo proprio. Si va avanti. Io vado a Londra, su invito del premier Theresa May, proprio per portare la posizione del Parlamento europeo che è in sintonia con quella della Commissione e del Consiglio europeo».

Il voto anticipato annunciato dalla May si spiega quindi solo con ragioni interne?
«Sicuramente si tratta di una mossa intelligente della May che cerca di rafforzarsi al proprio interno nella consapevolezza che per i britannici la Brexit sarà tutt'altro che facile ed indolore. Altrimenti avrebbe lasciato che la legislatura si concludesse nel 2020, e dopo il negoziato, incassare il dividendo di quello che qualcuno in campagna elettorale spacciava come un affare».

Quindi il primo a temere che la Brexit non sia un affare è proprio il partito conservatore che l'ha cavalcata e che governa?
«Mi sembra evidente che non tutti gli elettori britannici sono stati a suo tempo ben informati su cosa significa uscire dall'Unione Europea. Abbiamo sempre rispettato la decisione del popolo britannico, ma ricordiamo che metà elettorato si è pronunciato contro. Ora dovranno fare i conti con tutte le conseguenze. A cominciare dall'uscita dal mercato interno, passando per l'impossibilità per le banche inglesi di operare in Europa se non aprendo filiali o attraverso un'autorizzazione tutt'altro che scontata della Commissione Europea. Senza contare che escono dall'unione doganale e dal mercato interno».

Brexit dura e forse anche un po' vendicativa?
«Per loro è molto complicato, non lo si può nascondere, ma non si vuole infierire in nessun modo. C'è un percorso stabilito e che il Consiglio Europeo del 29 ribadirà. Mi sembra però evidente che con le elezioni anticipate si cerchi di raccogliere il consenso prima che l'elettorato subisca le conseguenze della scelta».

Cosa dirà alla May per evitare che la trattativa scivoli a dopo giugno?
«Nessun slittamento e non credo lo vogliano. Il mio incontro è sulla Brexit su esplicito invito del premier inglese. Insieme fisseremo una data a breve per l'audizione che la May farà in Parlamento. Inoltre c'è la continuità amministrativa che assicura il rispetto dei tempi e io stesso le confermerò che il Parlamento vuole che prima si chiuda la Brexit e poi venga avviata una nuova trattativa tra Bruxelles e Londra perché la Gran Bretagna esce dall'Unione ma non dall'Europa».

Quali sono i punti che il Parlamento ritiene irrinunciabili e da tutelare ad ogni costo nella trattativa con Londra?
«Prima di tutto i diritti dei cittadini inglesi che vivono qui da noi e degli europei che vivono in Gran Bretagna. I problemi non sono pochi come dimostrano le cronache di questi giorni. La trattativa sarà lunga, complicata e molto dettagliata».
Il cui costo, per il Regno Unito, viene quantificato in più di sessanta miliardi. Conferma?
«La cifra esatta è difficile farla ora, ma sicuramente si parla di decine e decine di miliardi di euro. Inoltre il Regno Unito dovrà anche mantenere gli impegni presi. Per esempio le prospettive finanziarie dell'Unione sono 2014-2020 e contengono una serie di programmi che hanno costi e che Londra dovrà sopportare per la sua parte. Così come i fondi per l'agricoltura che i contadini e gli allevatori britannici continuano a prendere. Si tratta di rispettare gli impegni presi».

E dopo il divorzio?
«Faccenda non meno complicata. C'è per esempio il consorzio Galileo che ha al suo interno anche il Regno Unito e che va regolato. I dossier delicatissimi sono tanti; senza contare che fuori dall'unione doganale tutte le loro merci dovranno pagare dazi».

La trattativa sullo spostamento di alcune agenzie, come quella del farmaco, è invece avviata?
«Nel merito dei singoli dossier stiamo cominciando adesso. Noi abbiamo un unico negoziatore che è Michel Barnier, l'ex vicepresidente della Commissione Europea, il cui incarico verrà formalizzato nel Consiglio Europeo di fine mese. A livello tecnico si è appena iniziato incaricando una serie di giuristi perché in questo caso la parte politica è molto meno complessa di quella tecnica».

Ne è sicuro?
«Essere parte dell'Unione europea non può essere la stessa cosa per coloro che non ne fanno parte. Certo, c'è il problema delicatissimo della frontiera dell'Irlanda del Nord dove si è raggiunto solo di recente un accordo dopo anni di scontri. Noi insistiamo affinché non ci sia lì una frontiera hard, perché occorre fare di tutto per evitare che si riaccendano tensioni tra cattolici e protestanti. Al tempo stesso occorre però stare attenti per evitare che da quella frontiera non arrivino prodotti alimentari che non rispettano le regole sanitarie europee. Insomma un lavoro molto complesso».

Lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata restano fuori dalla trattativa?
«Nella lettera la May non è stata molto chiara su questo aspetto che per noi è fondamentale e va sottratto a qualunque discussione perché è una collaborazione che va oltre la Brexit».

Anche l'immigrazione può essere tema da tenere fuori?
«Beh, non credo sia possibile. Come anche la lotta all'Isis e alla criminalità si legano alla collaborazione militare che deve continuare anche perché tutti apparteniamo alla Nato».

Dopo il voto, il Regno Unito avrà un premier forte - probabilmente la stessa May - mentre in Europa saremo ancora in attesa delle elezioni tedesche e italiane. Non rischia l'Ue di presentarsi ancora una volta debole e divisa?
«Mi auguro che prevalga il buon senso. Non credo serva a nessuno uno scontro. Noi vogliamo difendere i cittadini europei ma preparare anche il terreno per un rapporto di buon vicinato con i britannici. Mi rendo conto che gli svantaggi saranno tutti per loro, ma non è che dopo la Brexit diventano nostri nemici. Alla May ho già detto, nel colloquio che abbiamo avuto nell'ultimo Consiglio Europeo, che nessuno vuole una Brexit hard ma dobbiamo tutelare gli interessi dei nostri cittadini. Inoltre, sull'accordo derivante dalla Brexit sarà il Parlamento a dire l'ultima parola nel febbraio del 2019».

C'è chi dice che Bruxelles vuole essere molto dura con Londra per scongiurare altre velleità secessioniste. Ne vede in giro per l'Europa?
«Non mi sembra.

Dopo la sconfitta in Olanda non credo che i populisti abbiano più tante probabilità di successo».

Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 08:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA