Roma, Stoltenberg: «Italia determinante nelle strategie della Nato»

Venerdì 14 Ottobre 2016 di Giulia Prosperetti
Il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e il Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg al Nato Defense College
Dopo il vertice di Varsavia dello scorso luglio, le celebrazioni per i 50 anni della fondazione a Roma del Nato Defense College, concluse oggi, sono state l’occasione per delineare il ruolo dell’Italia all’interno dell’Alleanza Atlantica e del Mediterrano. Un ruolo di primo piano che, tra gli aspetti principali sottolineati questa mattina, vede centoquaranta soldati italiani schierati in Lettonia, al confine la Russia, a partire dal 2017; la guida italiana della spearhead force nel 2018; la continuità della partecipazione italiana alle missioni in Afghanistan e in Kosovo e una cooperazione crescente tra l’Unione europea e la Nato che, secondo il Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, «potrà trovare dei punti di concretizzazione a partire dalle missioni navali, quella Nato Sea Guardian e quella europea Sophia». 

«C’è stata la conferma della visione che è stata espressa nel vertice di Varsavia, di un’Alleanza Atlantica che da un lato rafforza la sua presenza nei paesi membri del nord-est rassicurandoli sul tema della sicurezza e che, contemporaneamente, considera sempre più cruciale la sfida che viene dall’instabilità nel Mediterraneo. Una sfida che - come ha sottolineato Gentiloni nella conferenza stampa congiunta con Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato - attraverso il terrorismo, i foreign fighters, i trafficanti di esseri di umani, l’instabilità, la fragilizzazione degli Stati, rende tutta l’area del Medio Oriente e del Nord Africa, una delle aree in cui un’alleanza difensiva non può che cimentarsi». 

La centralità dell’impegno italiano all’interno dell’Alleanza è stata ribadita anche dal Segretario Generale della Nato che ha definito l’Italia un «core member», uno dei paesi fondatori con un ruolo centrale per l’Alleanza. Come ha evidenziato Stoltenberg l’Italia, da molti anni, partecipa e contribuisce a diverse missioni e operazioni Nato. Per anni l’Italia è stata il paese che ha contribuito maggiormente alle operazioni in Afghanistan e in Kosovo, ha avuto un ruolo centrale nella lotta al terrorismo nel Mediterraneo e, più recentemente, nel contrasto all’immigrazione illegale nel Mar Egeo. Un impegno che ha visto, da parte dell’Italia, la fornitura di aerei da combattimento nell’ambito della Nato Air Policing nei paesi baltici, l’incremento della difesa aerea turca con una fornitura di missili consegnata dai militari italiani a giugno di quest’anno e che, come già accennato, vedrà lo schieramento, nei prossimi mesi, di 140 soldati italiani in Lettonia  e l’Italia alla guida della spearhead force, la forza “punta di lancia”, nel 2018. 

LA PUNTA DI LANCIA

«La “Lancia” della NATO sarà puntata contro la Russia». Titolava così, due anni fa, il brand dell’informazione filorussa sputniknews.com, commentando la creazione della Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), la cosiddetta spearhead force, la punta di lancia, creata con il vertice del Galles del 2014. Una Task Force di azione ultrarapida, in grado di intervenire in cinque giorni in caso di minaccia o aggressione, nata dalle ceneri della crisi Ucraina in risposta all’annessione russa della Crimea. È da quel momento, infatti, che i rapporti tra la Russia e l’Occidente hanno iniziato a farsi difficili. Un crescendo di tensioni che di provocazione in provocazione ha fatto saltare i contratti con la Russia per la fornitura delle portaelicotteri francesi; determinato la netta spaccatura tra la Russia e gli Stati Uniti sulla Siria e per finire ha spinto i paesi dell’est, in particolare i paesi Baltici e la Polonia, sulla scorta di una russofobia dilagante (incrementata dalle frequenti incursioni degli aerei russi nello spazio aereo Nato per testare i tempi di reazione) ad additare la Russia come una minaccia alla loro sicurezza richiedendo un intervento dell’Alleanza. 

L’idea che bisognava lavorare a una forma di deterrenza per rassicurare gli stati membri, iniziata con il vertice del Galles, ha così preso piede, trovando una conferma anche nel vertice di Varsavia.

In quest’ottica la partecipazione dell’Italia, che sarà a guida della Task Force nel 2018 e nei prossimi mesi invierà una compagnia di 140 soldati in Lettonia per partecipare alla forza Nato a guida canadese lì dispiegata, è un atto dovuto come membro dell’Alleanza. 

Impiegando un contingente di un paese che non ha un confine diretto con la Russia e che generalmente non ha problemi con la Russia, la Nato vuole inviare un segnale importante di coesione. Per Stoltenberg non si tratta di un ritorno alla Guerra Fredda. Come ha affermato questa mattina, in un’intervista alla Stampa, il messaggio è “difesa e dialogo” non “difesa o dialogo”. 

Da parte sua Gentiloni ha ribadito che «tutto questo non fa parte di una politica di aggressione nei confronti della Russia ma fa parte di una politica di rassicurazione e difesa dei nostri confini come Alleanza Atlantica». Non un atto di aggressione ma senza dubbio un atto politico che, in un momento in cui i rapporti tra il Cremlino e l’Occidente sono ai minimi storici, potrebbe  minare l’equilibrio diplomatico che l’Italia ha mantenuto, fino ad ora, nei confronti della Russia

 
Ultimo aggiornamento: 21:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA