Il Califfato alle corde/ L’Isis perde Raqqa: in Europa è allarme per i miliziani in fuga

Domenica 15 Ottobre 2017 di Gianandrea Gaiani
Il comando delle Forze Democratiche Siriane, le milizie curdo-arabe sostenute dagli Stati Uniti, valuta che la caduta di Raqqa, la “capitale“ del Califfato, potrebbe essere questione di pochi giorni. Alcune centinaia di combattenti dell’Isis combattono con tenacia nel 20% dell’area urbana che ancora controllano e che viene martellata dai jet della Coalizione.

Venerdì oltre un centinaio di miliziani si è arreso, segnale che qualcuno interpreta come possibile indizio di un più ampio sintomo di cedimento ma per l’Italia e l’Europa il tracollo militare dello Stato Islamico non costituisce necessariamente una bella notizia. L’Isis tende infatti a sottrarre alle battaglie in cui la sconfitta è certa buona parte dei suoi combattenti stranieri, “foreign fighters” definiti semplicemente “mercenari” dalle truppe irachene, siriane e curde che li combattono. Diversi servizi di sicurezza hanno rivelato che in molti casi l’Isis cerca di sottrarre i suoi combattenti stranieri alla cattura lasciando a difesa dei centri urbani come Mosul, Hawjia e Raqqa i miliziani autoctoni, siriani e iracheni che hanno aderito al Califfato. I “mercenari” jihadisti raramente vengono fatti prigionieri e dopo interrogatori non certo morbidi hanno subito in molti casi esecuzioni sommarie, inoltre i combattenti stranieri possono rientrare nei Paesi d’origine e dare vita a nuove jihad o effettuare azioni terroristiche.

Un rientro facilitato nel caso dell’Europa (da dove sono partiti in oltre 5mila per aderire al jihad di Abu Bakr al-Baghdadi) dalla scarsa repressone del fenomeno. Si stima che oltre 1.500 foreign fighters siano già rientrati ma quelli incarcerati sono pochissimi e la stessa Ue, come ha dichiarato il coordinatore antiterrorismo Gilles de Kerchoeve, prevede di reintegrarli nella società. Un approccio morbido che potrebbe attirare in Europa anche foreign fighters extracomunitari, provenienti soprattutto dai paesi del Maghreb che hanno offerto circa 10 mila combattenti all’Isis (dei quali ben 6mila tunisini) e che rappresentano l’area in cui lil Califfato sconfitto in Medio Oriente cerca di riorganizzarsi. Specie in Libia dive il capo dello Stato Islamico già designato come erede di al-Baghdadi (che non è certo sia sopravvissuto ai raid russi su Raqqa di fine maggio) è proprio un foreign fighter tunisino con passaporto francese, Mohamed Ben Salem Al-Ayouni, nome di battaglia Jalaluddin al-Tunisi. Per questo desta preoccupazioni in Italia il fenomeno degli “sbarchi fantasma” con piccole barche da pesca che sfuggono ai controlli e sbarcano sulle coste siciliane tunisini determinati a far perdere le proprie tracce.

La rotta tunisina e quella parallela che dall’Algeria conduce direttamente in Sardegna sono perfettamente idonee a trasportare in sicurezza criminali e terroristi. Un binomio che non dovrebbe sorprendere dopo i tanti casi di terroristi divenuti tali dopo trascorsi nella criminalità comune e perché i servizi di sicurezza europei attivi nel Sahel hanno sempre evidenziato come i traffici illeciti siano gestiti dalle stesse organizzazioni criminali e al tempo stesso jihadiste: sigle legate ad al-Qaeda nel Maghreb islamico e più recentemente allo Stato Islamico.

Da più parti si evidenzia il rischio che tra i 1400 tunisini sbarcati in Italia solo in settembre vi siano molti dei criminali liberati dai recenti indulti e del resto Tunisi ha sempre affrontato il sovraffollamento delle carceri con provvedimenti simili cui hanno fatto seguito esodi versi l’Italia, dove “ospitiamo” in galera oltre il 67% dei criminali tunisini incarcerati in patria e all’estero. Tra i 24 mila tunisini sbarcati in Italia nel 2011 quasi la metà erano galeotti fuggiti di prigione in seguito alla “rivolta dei gelsomini” ma anche sul fronte della lotta al terrorismo Tunisi appare reticente e poco disposta a controllare i suoi foreign fighters. Un anno or sono il governo nordafricano stimava ne fossero rientrati 800 valutando impossibile incarcerarli tutti.
Ultimo aggiornamento: 00:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA