G7, le fatiche di Gentiloni: «Il vertice più impegnativo degli ultimi anni»

dal nostro inviato

TAORMINA - «Non è stato un vertice dove tutto era fatto ed organizzato e si veniva per fare un po' di passerella, è stato una riunione dove si è discusso veramente». Sul volto di Paolo Gentiloni la stanchezza si nota. L'esordio ad un G7 non è facile. Soprattutto se ti tocca il turno di presidenza e la prima volta di Trump in un contesto multilaterale.

Quando parla nel giardino dell'hotel San Domenico, dove i lavori si sono appena conclusi, il presidente americano è appena salito sull'elicottero che rumoreggia sulla testa. Lo sfondo del mare e di Capo Taormina fornisce a Gentiloni lo spunto per ringraziare Matteo Renzi che più di un anno fa ebbe «l'idea vincente»di portare i sette grandi in Sicilia, terra che gli immigrati raggiungono al primo approdo.

GLI OBIETTIVI RAGGIUNTI
L'importanza del format a sette viene sottolineata dal presidente del Consiglio che comincia il racconto della due giorni dalle cose che è riuscito a portare a casa come presidente. L'impegno comune sul terrorismo e la lotta alla quale vengono chiamati ad unirsi social network e provider è stato sottoscritto anche dalla britannica May che la sera prima è rientrata in patria. Ma l'emergenza, come sottolinea Gentiloni, è ormai quotidiana come dimostrano gli attentati a Manchester e ai copti in Egitto.

Intesa anche sui temi geopolitici più rilevanti, dalla Libia alla Siria passando per la Corea del Nord e sulle politiche migratorie, argomento sul quale l'Italia mesi fa molto puntava. Poi è arrivato Trump alla Casa Bianca e più che passi avanti si è cercato di non fare passi indietro. «Quello sui migranti - sottolinea Gentiloni- era un punto chiuso da diverse settimane, non è stato al centro di grandi discussioni se non per riconoscere il valore dell'accoglienza umanitaria».

La riaffermazione dei «diritti sovrani degli Stati di controllare i propri confini», contenuta nel documento finale, è il prezzo pagato per evitare di mescolare in un'unica dichiarazione terrorismo e migranti, come chiedevano gli americani. In cambio l'Italia e gli altri paesi europei incassano impegni meno vaghi sull'Africa anche perché, sostiene, «un quarto del tempo dei leader è stato dedicato al confronto con le organizzazioni internazionali e i leader africani presenti. La scelta è stata di concentrarsi sulle opportunità».

Gentiloni sostiene di non essersi fatto mai illusioni: «Non mi aspettavo soluzioni dal G7 - aggiunge - ho invece apprezzato nel documento e nella discussione una doppia consapevolezza: bisogna lavorare molto per il medio termine in Africa e tra le cause c'è un cambiamento climatico, e in breve serve unire politiche di sicurezza e accoglienza».

E così nel vertice «più impegnativo degli ultimi anni», la presidenza italiana ha lavorato soprattutto per evitare strappi difficili poi da sanare piuttosto che cercare soluzioni. È stato così quando è stato affrontato il tema dei migranti e ancor più quando si è discusso di commercio e di clima.

SALVATO IL SALVABILE
Passa l'impegno nella lotta al protezionismo, un risultato che Gentiloni definisce «importante» anche se forse, prima dell'arrivo di Trump alla Casa Bianca, sarebbe stata una definizione più che pleonastica. «Non altrettanto bene è andata sul clima», ammette Gentiloni non nascondendo che si tratta di «un tema non marginale» dove alla fine si è preso atto del «sei contro uno» rivelato dalla Merkel.

E così la due giorni di Gentiloni è stata un continuo tentativo di salvare il salvabile di una riunione che è molto di più un format, perché nata per raccogliere paesi con valori occidentali comuni. Una formula che il presidente del Consiglio difende perché «serve a mettere a fuoco le posizioni anche quando sono diverse, individuando convergenze quando è possibile, o rendendo più chiare le differenze quando ci sono». E a Taormina le differenze sono emerse, eccome!

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