Resti umani, rottami e valigie: il Mediterraneo a qualche centinaia di chilometri a nord dell'Egitto ha confermato che l'Airbus dell'Egyptair in volo da Parigi al Cairo con 66 persone si è inabissato.
A differenza di quanto avvenuto con il charter russo esploso in volo sul Sinai a fine ottobre, quando l'Isis rivendicò la bomba dopo cinque ore, a quasi due giorni dal disastro nessuna organizzazione terroristica si è fatta viva per firmare la tragedia dell'Egyptair. La presidenza egiziana, nel formulare condoglianze ai parenti delle vittime, ha parlato di «deplorevole incidente», sebbene i giornali governativi del Cairo gridino a un complotto ordito per colpire i rapporti politico militari tra Egitto e Francia. Secondo tre responsabili per la sicurezza europea, nessuno dei passeggeri compariva nella lista internazionale di potenziali terroristi. La pista terroristica però viene di fatto seguita con controlli allo scalo di decollo dell'Egyptair, l'immenso Roissy-Charles-de-Gaulle, a caccia di un'ipotetica complicità tra un terrorista e un dipendente del personale di terra dell'aeroporto parigino nonostante l'impianto sia già sottoposto ad ispezioni a tappeto per il rispetto degli standard europei di sicurezza, considerati «i più alti al mondo». Fra gli elementi emersi in mare c'è anche una macchia di carburante rilevata da uno dei satelliti dell'Esa, l'Agenzia spaziale europea. Le informazioni vengono vagliate da una commissione d'inchiesta egiziana che collabora con inquirenti francesi e un esperto del gruppo Airbus: a guidare le indagini c'è l'alto funzionario egiziano che si occupò del charter russo.