Brexit, Londra voterà il 23 giugno: il governo Cameron si spacca

Domenica 21 Febbraio 2016 di Cristina Marconi
Brexit, Londra voterà il 23 giugno: il governo Cameron si spacca

LONDRA - L'appuntamento è per il 23 giugno, un giovedì, il giorno della settimana in cui abitualmente si va a votare nel Regno Unito. I britannici dovranno decidere se quanto portato a casa dal loro primo ministro David Cameron nella lunga maratona negoziale di giovedì e venerdì a Bruxelles è sufficiente per ristabilire un rapporto equilibrato e desiderabile con l'Unione europea.

«La scelta è nelle vostre mani, ma la mia raccomandazione è chiara», ha spiegato un Cameron stropicciato ma soddisfatto parlando davanti al numero 10 di Downing Street e aggiungendo: «Ritengo che la Gran Bretagna sarà più sicura, più forte e più ricca in un'Unione europea riformata».

LE CRITICHE
Non che le riforme portate a casa siano sufficienti, secondo alcuni dei ministri del governo Cameron come il responsabile per la Giustizia, Michael Gove, che insieme ad altri cinque ha annunciato che farà campagna per la Brexit, anche se il governo, nel suo insieme, difenderà la permanenza della Gran Bretagna nella Ue. I maligni hanno addirittura suggerito che la nottata di trattative sia servita solo a dare un po' di rilievo ad un accordo deludente, in cui l'eliminazione dei sussidi famigliari per i lavoratori stranieri i cui figli non vivono nel Regno Unito è stata sostituita da un'indicizzazione dei suddetti sussidi al costo della vita nel paese in questione. La misura sarà applicabile da subito per i nuovi arrivati e a partire dal 2020 per i 34mila che già ne godono. L'altro tema legato ai benefits, ossia la richiesta britannica di consentire solo agli stranieri che hanno pagato le tasse per 4 anni di attingere ai sussidi introducendo una discriminazione illegale secondo il diritto europeo, si è risolta in un “freno d'emergenza” di una durata massima di 7 anni da applicare in caso di flussi migratori eccezionali e non in una misura definitiva.

LA CLAUSOLA
Entrambi i temi possono avere un certo richiamo popolare, ma la vera conquista di Cameron riguarda il punto, meno immediato ma ben più cruciale, della protezione della City di Londra dalle interferenze e dalla regolamentazione europea: andando a scontrarsi duramente con i francesi, a Bruxelles è invalso il principio che i paesi che non sono nella zona euro possono mantenere un margine di indipendenza rispetto alle autorità di supervisione e di sorveglianza come la Banca centrale europea, sottraendosi agli obiettivi dell'unione monetaria senza però rinunciare ai benefici del mercato unico. Pare che lo stesso governatore della Banca d'Inghilterra, Mark Carney, abbia fatto considerevoli pressioni su Cameron perché portasse a casa questo risultato.

L'inserimento di un passaggio sulla necessità di avere un ‘level playing field', ossia un trattamento equo di tutte le parti in gioco, appare come un tentativo di dissimulare quello che rischia di avvenire, ossia un'Europa a due velocità in cui la City può prosperare senza il peso di regolamentazione eccessiva mentre il resto della Ue deve sottostare a regole più rigide.

E il rischio è che proprio così vada, visto che i principi convenuti, sebbene siano solo linee guida giuridiche, sono espressi un passaggio piuttosto tortuoso delle conclusioni, che si prestano a interpretazioni infinite per gli anni a venire. Londra è riuscita anche a far valere il principio che non parteciperà come gli altri 27 paesi all'obiettivo di una ‘unione sempre più stretta', ribadendo la propria sovranità e ottenendo che diventi più facile per i parlamenti nazionali bloccare una legislazione europea facendo fronte comune. «Stiamo per prendere una delle decisioni più importanti della nostra vita», ha aggiunto Cameron, che dopo aver illustrato i benefici della permanenza nella Ue ha concluso: “Io non amo Bruxelles, io amo la Gran Bretagna”.

Ultimo aggiornamento: 10:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA