Brexit, cinquantenni contro i giovani: la notte che ha diviso il Regno

Venerdì 24 Giugno 2016
Brexit, cinquantenni contro i giovani: la notte che ha diviso il Regno
dal nostro inviato Renato Pezzini
LONDRA - James Callow si presenta al seggio allestito nella scuola elementare Saint John and Saint James, nel rione londinese di Clapton, con la penna che si è portato da casa. Non vuole sentire ragioni: «Non me ne faccio niente delle vostre matite. Poi finisce che cancellate il mio voto». Permesso accordato, in Gran Bretagna è consentito. Quello che non è permesso è dubitare dell’integrità degli scrutatori, ma il clima di sospetto che ha preceduto questo giorno fatale giustifica ormai ogni cosa, compresi i timori di brogli del cittadino Callow.

L’INFLUENZA DEL METEO
Altri temono che a complottare sia il meteo. In Scozia splende un sole radioso, e la Scozia - si sa – è così affezionata all’Europa che voleva fare la scissione dal resto del Regno Unito per poter aderire con più trasporto all’Ue. In Inghilterra invece piove, specie in quelle provincie a nord est di Londra dove Nigel Farage, il rissoso comandante degli indipendentisti britannici, in genere fa il pieno di consensi. Però diluvia anche sulla Capitale e la Capitale, anche questo si sa, è tendenzialmente contraria al divorzio da Bruxelles.

Di là dal Tamigi, nei quartieri meridionali di Brixton e di Kingston, a metà pomeriggio la pioggia è così spietata da costringere i presidenti di due seggi a chiudere bottega «causa allagamento». E comunque il maltempo scoraggia anche chi al voto ci potrebbe andare. Fra le 4 e le 5 del pomeriggio nella “Polling Station” (si chiamano così i seggi) di Luham Road arrivano a votare uno studente coi vestiti fradici e una donna di colore di ritorno dalla scuola dove è andata a prendere il figlio. Nessun altro.
 
FINO ALL’ULTIMA ORA
In Gran Bretagna il silenzio elettorale non esiste, anzi è considerato un’idiozia. La caccia al voto finisce davanti alle urne e in questo safari dell’ultima ora i contendenti vanno giù pesante. I muri intorno al parco di London Fields sono stati ritappezzati nella notte da manifesti che ritraggono Donald Trump e l’ex sindaco Boris Johnson (pasdaran dell’uscita dall’Ue) che si baciano sulla bocca. Il fotomontaggio è accompagnato da uno slogan filoeuropeista: «Caro giovane, non votare per questi signori».

Mary ha chiesto un giorno di permesso al suo ufficio e, tutta sola, ha allestito un banchetto in Mare Street dove distribuisce volantini a favore della permanenza nell’Unione: «Dai più opportunità ai tuoi figli e ai tuoi nipoti. Vota remain». Ma tutto questo avviene nei quartieri più centrali o nelle zone multietniche dove negli ultimi anni si sono insediati i giovani liberal, creativi, artisti. Più fuori, nei sobborghi lontani dalla City e da Westminster i bambini vengono branditi per chiedere un voto a favore della secessione.

Fare statistiche è impossibile però una cosa è certa: chi in metropolitana o sui bus ostenta le spillette per il “remain” è per lo più giovane, chi invece si è messo addosso qualcosa su cui è scritto “leave” in genere sta sopra la cinquantina. Nei quartieri più ricchi o più alla moda gli attivisti che distribuiscono volantini sono tutti pro Europa, in quelli della classe media autoctona e nelle periferie estreme e più sgarrupate dominano i militanti del ritorno allo «splendido isolamento» del Regno Unito.

Del resto, Farage e altri profeti dell’indipendentismo sono riusciti a raccontare il referendum come uno scontro fra ricchi e poveri, fra garantiti e precari, fra intellettualismo e concretezza. E i tentennamenti iniziali del Partito Laburista hanno favorito il diffondersi dell’idea che sia in atto una guerra fra aristocratici e popolani. Solo alla fine il segretario dei laburisti Corbyn è uscito dall’ambiguità prendendo una posizione netta a favore del “remain”: «Fuori dall’Europa i diritti dei lavoratori sono a rischio».

PUNTO DI NON RITORNO
Su una cosa, comunque, sono tutti d’accordo: che il giorno dopo nulla sarà come prima. Magari questa sensazione di trovarsi a un punto di non ritorno è frutto dei toni esasperati e ultimativi che in Gran Bretagna non si erano mai visti prima d’ora in una campagna elettorale. Ma questo è l’argomento che tiene vivi i dibattiti fuori dai seggi e rende l’attesa dei risultati perfino isterica. Serpeggia una sorta di ansia collettiva che coinvolge tutti, come se tutti si trovassero di fronte all’ignoto. E l’ignoto è sempre spaventoso.

Le borse vanno su e giù al ritmo dell’ultimo sondaggio, la sterlina precipita e risale a seconda delle dritte dei bookmakers. Entrambi gli schieramenti prefigurano disastri e desertificazioni in caso di una propria sconfitta e basta un battito d’ali per cambiare gli umori e le previsioni, basta un amico che ha votato in modo inaspettato per alimentare lo sconforto. Dicono che i risultati saranno certi solo verso le otto del mattino, ma i più non hanno tempo d’aspettare, preparano birre e sigarette, compagne di una notte davanti alla tv.

LA GRANDE INCERTEZZA
In realtà nessuno sa davvero cosa succederà, quando succederà, e come succederà. E forse ha ragione Mary che davanti al suo banchetto di Mare Street continua imperterrita a fermare passanti che vanno di fretta. Dice che la cosa più grave è già accaduta: «Non siamo mai stati divisi come adesso, non siamo mai stati così arrabbiati gli uni con gli altri, così distanti, così cattivi». Questo fa dire anche a lei che «niente sarà più come prima». Anzi, già adesso, prima dei risultati, prima della notte in bianco, niente è più come prima.

QUELLI A CUI NON IMPORTA
Anche Gemma e Nicolas provano a fermare qualcuno nel fiume di folla che verso sera riemerge dalla metropolitana alla stazione di Stockwell, nel sud di Londra. Sono per lo più indiani o neri di origine caraibica ma inglesi da due o tre generazioni. Non si ferma quasi nessuno, passano via con indifferenza e anche con fastidio. «Loro non andranno a votare» dice Gemma con un gesto di rassegnazione. Perché ci sono anche quelli a cui non importa niente, quelli per i quali la vita non cambia, è uno schifo adesso e lo sarà anche dopo. Questo è, del resto, il Paese dove hanno regnato per undici Margaret Thatcher e la sua visione del mondo: «Non esiste una società, esistono solo degli individui».
Ultimo aggiornamento: 06:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA