L'ex consigliere del dipartimento di Stato Usa: «Gli attentati aumenteranno, siamo solo all'inizio»

Lunedì 2 Gennaio 2017 di Flavio Pompetti
L'ex consigliere del dipartimento di Stato Usa: «Gli attentati aumenteranno, siamo solo all'inizio»
1
NEW YORK «Allacciamo le cinture all'inizio di questo nuovo anno: il numero degli attentati terroristici supererà quello registrato nel 2016. La tensione la violenza sono in aumento su tanti fronti e in tante aree del mondo, da autorizzare questa semplice quanto sfortunata previsione». Anthony Cordesman, ex consigliere del dipartimento di Stato e del senatore McCaain in tema di difesa nazionale e sicurezza, non vuole sbilanciarsi con un giudizio sulla matrice dell'attacco alla discoteca di Istanbul, ma vede abbastanza elementi nella scacchiera internazionale per temere un'ulteriore escalation del terrore.

Perché la Turchia continua ad essere al centro del bersaglio negli ultimi mesi?
«Basta guardare la carta geografica per capirlo: l'Isis combatte a ridosso del confine sud orientale, dove infuria la crisi siriana con le sue complesse ramificazioni. Il paese risente poi della tensione in Iraq e delle frizioni tra gli iraniani e i loro vicini sunniti. Non c'è un altro stato nella coalizione che combatte il terrorismo di matrice islamica che si trovi così vicino all'occhio del ciclone. Aggiungiamo poi la tensione interna con i curdi e un'opposizione controllata da Erdogan con il pugno di ferro, e il quadro è completo».

L'obiettivo colpito è un simbolo della fusione tra oriente e occidente, e dell'aspirazione turca alla modernità.
«Non mi sembra opportuno sbilanciarci in interpretazioni premature. Dobbiamo prima conoscere i motivi e la paternità, e la complessità del quadro generale non autorizza conclusioni azzardate».

Possiamo dire almeno che in questo quadro l'Isis è la minaccia principale per la nostra sicurezza?
«Diciamo che l'Isis è un catalizzatore delle tante tensioni in atto. Solo il 12% degli attentati portano la sua firma, ma via via che la presenza fisica delle forze del califfato viene scacciata dai focolai di guerra, l'Isis rischia di trasformarsi in un esercito virtuale, pronto a materializzarsi dovunque si presenti l'occasione per un attacco. Dalla Turchia alla Germania, dalla Francia agli Usa. E' davvero difficile difendersi di fronte all'attentatore solitario, alla strage compiuta da una singola arma automatica».

Il nuovo presidente americano segnerà una svolta nell'efficacia della lotta per la prevenzione?
«Finora abbiamo ascoltato solo parole da Trump, e su questa base il giudizio è impossibile. E poi ricordiamoci che non esiste una bacchetta magica in grado di liberarci dalla minaccia. Un intervento coordinato di repressione richiederà almeno dieci anni per dare dei frutti, quindi non sarà né Trump nei politici al momento in circolazione a vantare la chiusura dei conti con il terrorismo».

Conosciamo delle strategie che funzionano?
«L'unica strada è quella della cooperazione internazionale, la stessa che è in opera ormai da sedici anni dopo l'attacco alle Torri Gemelle di New York. Ci vuole una maggiore apertura di comunicazione tra le intelligence dei diversi paesi, e soprattutto occorre la partecipazione del numero più grande possibile di alleati nella lotta. Non c'è invece un uomo della provvidenza che ci libererà dalla minaccia, né' un'unica strategia in grado di sconfiggerla».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ultimo aggiornamento: 09:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA