Sicurezza in casa/ Vanno estese le garanzie per le vittime

Sabato 6 Maggio 2017 di Cesare Mirabelli
Accade raramente che una legge appena votata dalla Camera lasci subito insoddisfatta sia la maggioranza che la ha approvata senza riserve, ma ne chiede il giorno stesso modifiche, sia l’opposizione che ne sostiene la necessità, ma preferisce che non si faccia nulla piuttosto che adottare una disciplina che considera insufficiente.
Eppure l’obiettivo sembra condiviso da tutti: tutelare meglio, anche di fronte alla giustizia, chi è stato aggredito nella propria abitazione, o nel luogo dove svolge la propria abituale attività commerciale o professionale, e reagisce usando contro l’aggressore un’arma che detiene legittimamente.

Il disegno di legge che ha suscitato tante polemiche non sconvolge i principi del diritto penale. Il codice del 1930, ancora oggi in vigore, ha previsto che non sia punibile chi commette un fatto che costituirebbe reato per «difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa».

Con maggiore sintesi il codice penale Zanardelli, emanato nel 1889 e considerato di esemplare ispirazione liberale, stabiliva la non punibilità di chi ha commesso il fatto «per esservi stato costretto dalla necessità di respingere da sé o da altri una violenza attuale e ingiusta». Sarebbero bastate queste formule generali, espressione di un principio che tutti avvertono come giusto, se l’esperienza non avesse mostrato come chi pure aveva reagito legittimamente a rapine o furti, fosse stato in seguito imputato di lesioni o di omicidio dell’aggressore non tanto perché fosse in dubbio l’esistenza di un diritto da tutelare e l’ingiustizia dell’offesa, quanto piuttosto l’attualità del pericolo o la proporzionalità della reazione all’offesa.

È evidente come queste valutazioni richiedono l’accertamento e la prova di molte circostanze e rischiano di essere fatte con la razionalità che può permettersi, a distanza dai fatti, l’analisi nel processo. Si perde, o si appanna di molto, la percezione della situazione da parte dell’aggredito e la concitazione di un’azione che si svolge con molta emotività ed in pochi momenti.

Nell’opinione comune la persona offesa dal reato, e che si è legittimamente difesa, diviene vittima due volte. Ha subito prima una aggressione, e poi il processo al quale viene sottoposta che costituisce una pena ed un costo, anche quando si conclude, spesso dopo molto tempo, con l’assoluzione.

Il legislatore è già intervenuto nel 2006, per precisare la disciplina della legittima difesa nella propria abitazione, stabilendo che in essa vi è sempre proporzionalità della reazione rispetto all’offesa, ed è consentito l’uso di un’arma legittimamente detenuta, per proteggere sia la propria o altrui incolumità, sia i beni quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.

La legge ora votata dalla Camera rafforza ed integra questa disciplina. Si considera sempre legittima la difesa nella propria abitazione, se l’aggressione è commessa di notte o da chi si è introdotto nel domicilio con violenza a persone o cose, oppure con manaccia o inganno. Non sono mancate perplessità e addirittura ironie sulle espressioni verbali usate, ma è chiara la finalità della norma, diretta a considerare presunta la proporzionalità della reazione in tutte queste circostanze di minore capacità di difesa della persona, quindi non solo di notte, così ampliandone la tutela.

La innovazione legislativa in discussione rafforza anche la posizione della persona offesa che, nel reagire nei confronti dell’aggressore, ritenga erroneamente che esistano le circostanze che caratterizzano la legittima difesa. Se la sua reazione provoca lesioni personali o omicidio, ne risponderebbe per colpa. La innovazione legislativa esclude la colpa, quindi la punibilità, quando l’errore è conseguenza del “grave turbamento psichico” causato dalla persona contro la quale si reagisce, in situazioni di pericolo per la vita, l’integrità fisica o la libertà personale o sessuale. Ancora una volta qualche espressione verbale può suscitare incertezze o perplessità, che possono alimentare difficoltà e diversità di interpretazioni.

Il quadro normativo che viene proposto, è completato dalla assunzione a carico dello Stato delle spese di difesa, quando la persona è dichiarata non punibile per legittima difesa o per stato di necessità. Una novità che andrebbe estesa, a maggior ragione, a tutti i casi nei quali la pretesa punitiva dello Stato si dimostri del tutto inconsistente ed il processo penale si conclude con l’assoluzione di chi sia stato ingiustamente accusato.

Il testo approvato dalla Camera rimane ancorato ai principi di fondo della legittima difesa, tende a rafforzare chi essendo aggredito reagisce, e rassicurarlo anche di fronte ai rischi di un processo penale a suo carico, ma non apre a forme di indiscriminato uso delle armi e di giustizia privata. Chi ne condivide finalità e contenuti, può contare sull’affinamento tecnico affidato all’esame del Senato.

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