Omicida in libertà/Indagini inutili se i tribunali non puniscono

Venerdì 2 Giugno 2017 di Paolo Graldi
L’occhio incessante delle telecamere di sicurezza, la videosorveglianza che osserva e protegge le nostre città. Hanno chiuso il cerchio delle indagini intorno a Serif Seferovic, 20 anni, etnia rom, presunto responsabile del rogo di Centocelle, centro commerciale Primavera, piazza Guatteri, e della atroce fine delle tre sorelline che dormivano nel camper, ma anche colpevole della rapina ai danni di Zhang Yao, la studentessa cinese travolta da un treno mentre inseguiva i suoi aggressori. 

Due fatti di sconvolgente gravità che ci guidano in un’analisi purtroppo severa sulla incapacità del nostro sistema giudiziario di rendere inoffensivi soggetti, come Serif, ad altissimo tasso di pericolosità sociale. 
<HS9>Commettono reati anche assai gravi, vengono identificati, segue l’arresto, il processo e poi sono rimessi in libertà, pronti ad agire di nuovo. 

<HS9>Una sequenza che si ripete in troppi casi e che produce sfiducia e disgusto verso la macchina giudiziaria, considerata incapace di fermare i criminali seriali, clienti permanenti di processi nei quali la pena si dissolve trasformandosi in denegata giustizia.

<HS9>Questo giovane uomo insieme ad uno o due complici un paio di mesi fa (e non era la prima volta) nel corso di un raid in cerca di facili prede, si era imbattuto nella studentessa cinese ch’era andata a rinnovare il visto di soggiorno: lei, forse ingenua, certamente indifesa, aspettava l’autobus e i rapinatori si sono fatti sotto con tecnica collaudata e dopo averle strappato la borsetta sono scappati attraversando una fitta rete di binari. 
<HS9>Disperata, Zhang Yao, ha cercato di bloccarli: li vedeva scappare, voleva raggiungerli, quei documenti erano troppo importanti per lei. Doveva recuperarli ad ogni costo. Si è messa ad inseguirli. 

Nella concitazione della corsa si è trovata al centro di un fascio di binari della ferrovia, non si è accorta del sopraggiungere di un treno che l’ha falciata. 
<HS9>Un episodio che ha commosso la città. Yao amava Roma, era venuta a studiare alle Belle arti, sognava una vita da artista. La notizia della sua morte è stata vissuta nel suo paese come un atto di crudeltà inaudito, testimoniato dalla disperazione dei genitori, venuti qui a riprenderne la salma. Anche in quell’occasione le indagini si sono fatte serrate e in soccorso dei poliziotti sono venute le immagini riprese da alcune telecamere piazzate nella zona. 

Una rete di occhi elettronici che si è rivelata, ancora una volta, fondamentale per l’individuazione dei responsabili. E, infatti, Serif è stato individuato, rintracciato, accusato della rapina, processato, condannato a due anni e rimesso in libertà. Bisognerà rileggerle le carte del tribunale su quell’episodio criminale e risalire a tutte le decisioni che poi hanno consentito al giovane di ritrovarsi libero, pronto all’uso della violenza. 
<HS9>Ancora telecamere nel teatro del terribile rogo nella notte del 10 maggio scorso, immagini non perfette ma sufficienti per isolare il gesto del lancio delle bottiglie incendiare che hanno mandato in fiamme il camper dove dormivano, stretti stretti, i componenti della famiglia Halilovic. 

<HS9>Il mezzo è stato avvolto dalle fiamme in un attimo e le sorelline Elisabeth, Francesca e Angelica non sono riuscite a mettersi in salvo come gli altri della famiglia. Già qualcuno azzardava l’ipotesi che si trattasse di una orribile rappresaglia di qualche testa matta, in odio ai rom. Le indagini, per fortuna, hanno imboccato ben presto la pista giusta e così nel mirino della polizia è entrato il nomade Serif, con tutto il suo bagaglio di precedenti. Scomparso dalla circolazione, Serif poteva contare sull’appoggio di parenti al nord. Controllata da vicino la fidanzata alla fine si è messa in contratto con il fuggiasco e ha cercato di raggiungerlo dalla Sardegna, via traghetto, fino a Torino passando per Genova. Ed è quando i due giovani si sono incontrati che gli agenti sono comparsi e hanno effettuato l’arresto, motivato da una sequenza impressionante di reati, con lo sfondo dell’ergastolo. Del complice nella notte del rogo non c’è ancora, ufficialmente, traccia ma gli investigatori lasciano intendere che la rete per catturarlo è pronta a scattare e che accadrà presto.

L’impeccabile, davvero brillante indagine della polizia si sarebbe detto un tempo, lascia intatto un margine di perplessità sull’iter giudiziario di certi soggetti dei quali sembra sfuggire la pericolosità e la ineludibile vocazione al crimine. Troppe volte la parola “recidivo” deve essere applicata a soggetti con paurosi carichi pendenti. 
E’ evidente la necessità di rileggere e rivedere alcune norme sulla libertà personale immaginando di costringerla in ambiti ristretti e strettamente controllati. 

La reiterazione dei comportamenti criminali, ai quali si oppone una blanda risposta istituzionale, produce massimamente quella sensazione di insicurezza diffusa nella popolazione. Delinquono perché sanno di farla franca, si sente dire da chi non ama i distinguo ma non ha neppure tutti i torti.
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