Fabrizio Corona, un agente: «Si offrì come infiltrato in polizia». Ma lui sbotta in aula: «Mente»

Giovedì 9 Marzo 2017
Fabrizio Corona, un agente: «Si offrì come infiltrato in polizia». Ma lui sbotta in aula: «Mente»

«In nome della legge uno che rappresenta la polizia non può venire in aula a dire bugie, mi hanno fatto vedere un album con trenta fotografie e lui lo sa benissimo».

Così, alzandosi in piedi e dopo aver già mostrato segni palesi di nervosismo, Fabrizio Corona è "esploso" in aula, con la voce rotta da un misto di rabbia ed emozione, nel corso della testimonianza di un commissario della Questura di Milano, Luca Izzo, che ha deposto nel processo che vede imputato l'ex agente fotografico, assieme alla sua collaboratrice Francesca Persi, per quei circa 2,6 milioni di euro trovati in parte in un controsoffitto, in parte in Austria.
 
 


In particolare, la difesa di Corona e lo stesso "ex re dei paparazzi" hanno contestato nel corso della deposizione sia un «verbale tagliato» che l'utilizzo di una «informativa da fonte anonima» nelle indagini. L'agente ha raccontato ai giudici che Corona si «propose a noi come infiltrato» contro il calciatore Giuseppe Sculli, che per Corona era il mandante della bomba carta esplosa sotto casa sua lo scorso agosto.

La deposizione di Izzo, responsabile della sezione reati contro il patrimonio della Questura, ha preso le mosse, infatti, davanti ai giudici della prima sezione penale (presidente del collegio Guido Salvini), proprio dall' episodio accaduto il 16 agosto scorso, verso l'1,30, quando una bomba carta scoppiò in via de Cristoforis sotto l'abitazione di Corona. Fu proprio indagando su quel fatto (l'ex agente fotografico denunciò Sculli per tentata estorsione dicendo che prima gli aveva chiesto «50mila euro in contanti») e, in particolare, con le intercettazioni telefoniche che emerse la vicenda dei soldi nascosti nel controsoffitto (grazie a «due botole») della casa di Persi, che fu poi obiettivo di un blitz di «alcune persone» che probabilmente sapevano dei contati occultati.

La prima tensione tra la difesa di Corona, rappresentata dai legali Ivano Chiesa e Luca Sirotti, e il testimone si è creata quando l'agente ha spiegato che, dopo l'episodio della bomba carta, «alla mia domanda precisa sui suoi rapporti con Sculli, Corona ha alzato la voce e non ha voluto più rispondere». Secondo la difesa, invece, a Corona sarebbe stato chiesto conto di suoi presunti rapporti con la «'ndrangheta» e l'atteggiamento descritto dal teste contrasta poi con la proposta successiva, raccontata dallo stesso agente, di «fare l'agente provocatore, farsi microfonare in un incontro con Sculli». Proposta emersa l' 8 settembre scorso, nel corso di una sua deposizione davanti al pm di Milano David Monti (l'inchiesta poi passò alla Dda e ai pm Alessandra Dolci e Paolo Storari) e alla presenza anche dell' agente. Quello, a detta dell'avvocato Ivano Chiesa, è «un verbale tagliato a metà», perché Corona avrebbe detto (ma non c'è nel verbale) che i soldi trovati nel controsoffitto «erano i suoi» e «questo per noi è importante, dimostra il suo atteggiamento collaborativo, mentre è stato sottoposto a misura cautelare».

Un verbale che lo stesso giudice Salvini ha definito «leggermente creativo», sospendendo ad un certo punto anche la testimonianza. Corona, prima di intervenire a processo in corso (oggi dovrebbe fare anche dichiarazioni spontanee), in una pausa di udienza, dopo aver preso a calci una sedia, si è rivolto al pm Dolci dicendo: «Questo poliziotto deve venire qua a dire la verità, non può mentire». La difesa ha molto insistito anche sul passaggio delle indagini dalla sezione reati contro il patrimonio a quella criminalità organizzata (e ai pm della Dda) e su una «informativa riservata da fonte anonima passata dalla sezione tutela donne della Polizia locale» alla polizia. Nel frattempo, sempre a detta dei difensori, le indagini sulla bomba carta e sulla presunta tentata estorsione non sono state fatte.

Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 14:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA