ROMA «Ve lo spiego io come ho conosciuto Massimo Carminati» Giulio Occhionero, l’hacker finito in manette martedì scorso con l’accusa di avere violato il sistema informatico dell’intero Paese, sbotta, indicando la televisione. Abbandona per un attimo quello stato di calma apparente che ha cercato di mantenere. È infuriato con i magistrati «che danno le notizie» e ha paura per sua madre e sua sorella. In tv il suo nome è stato ricondotto a Mafia capitale per una società riconducibile a Salvatore Buzzi, la Rogest, della quale sua sorella Francesca Maria, in carcere con le stesse accuse, è stata presidente e lui consigliere. L’ultimo amministratore, invece, Giovanni Guaranì, era il braccio destro del re delle coop. Ma adesso è proprio Occhionero, mentre indica la tv della sua cella, infuriato per i servizi dei tg, a rivelare una conoscenza che, forse, potrebbe diventare preziosa per le indagini. Perché una parte della sterminata mole di informazioni della quale disponeva l’hacker, sottratta dagli account di enti, istituzioni e personalità dello Stato, potrebbe essere stata utilizzata anche dal boss del “Mondo di Mezzo”, che riusciva a ottenere appalti e commesse.
LA DETENZIONE
L’unica cella con la luce spenta nell’ottavo braccio del carcere di Regina Coeli è quella di Giulio Occhionero. Gli altri detenuti, quasi tutti italiani con un profilo “alto”, giocano a carte, impagliano sedie o parlano tra loro. L’hacker, invece, tenta ancora di prendere sonno, sebbene siano solo le cinque di pomeriggio.
Scatta in piedi quando il senatore Aldo Di Biagio di Area popolare, componente della commissione parlamentare per i Diritti umani, varca la soglia.
LO SFOGO
Lo stato di calma, forse dovuto ai farmaci, è quasi costante ma, per tre volte, durante la breve visita del senatore, Occhionero sbotta e si capisce che ha paura, è fragile. All’improvviso e prova a difendersi dalle accuse, allude alla sua posizione: «La massoneria? E allora? Non significa nulla..». Poi aggiunge: «Ai magistrati andrebbe fatto capire che non devono dare le notizie ai giornalisti. I media amplificano tutto. Sono molto preoccupato per mia madre, ha subito un intervento e cammina con l’aiuto di una stampella, temo possa essere braccata dalle telecamere, che cada e si faccia male. Sono in ansia anche per mia sorella. E poi se l’immagine di casa mia viene diffusa in tv, qualcuno potrebbe pensare di entrare...», il riferimento chiaro è al pericolo per il materiale che custodiva ma a interromperlo sono il vicecomandante, l’ispettore e l’agente della polizia penitenziaria che partecipano al colloquio con Di Biagio e sorvegliano. «Non entriamo nel merito dell’inchiesta», dicono. E intervengono ancora, quando Occhionero esce di nuovo dal suo torpore, si agita, indica la Tv e rivela una circostanza inedita: «Carminati? Vi dico io come l’ho conosciuto...», finora, però, dagli atti dell’inchiesta, non è emerso un legame tra l’hacker e l’ex Nar che, per la procura di Roma, controllava gli appalti della Capitale. Al detenuto non è consentito aggiungere altro. «Basta - dice il vicecomandante - il colloquio è finito».
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