Agrigento, 7 anni di carcere a uno scafista tunisino: è la prima condanna in Italia

Lunedì 30 Ottobre 2017 di Mario Meliadò
Agrigento, 7 anni di carcere a uno scafista tunisino: è la prima condanna in Italia
Per la prima volta in Italia uno scafista che aveva trasportato decine d’extracomunitari in territorio europeo a bordo di un’imbarcazione “fantasma” è stato condannato. Quello dei barconi “fantasma” è un fenomeno relativamente recente, ma che gli investigatori e la stessa Procura nazionale antimafia ritengono in forte espansione (solo l’estate scorsa, imbarcazioni sfuggite a ogni forma di controllo hanno fatto arrivare clandestinamente circa cinquemila migranti tra Lampedusa, Linosa e le coste agrigentine) e particolarmente pericoloso per le vite delle persone trasportate.

Parliamo di natanti che viaggiano  “dolosamente” privi d’alcun tipo di riconoscimento: niente bandiere, zero codici identificativi. Appunto, dei “fantasmi” in mezzo al mare. Chiaro che il rischio per i migranti sia altissimo, a bordo di navi del tutto anonime, così come in simili condizioni sale di brutto la probabilità che scafisti senza scrupoli si disfacciano della “merce umana” meno docile.

Per tacere di un altro, gravissimo pericolo: possibili infiltrazioni terroristiche degli integralisti islamici, la maledetta «guerra asimmetrica» evocata nei mesi scorsi dallo stesso procuratore nazionale antimafia Franco Roberti in un’intervista rilasciata proprio a il Messaggero, sottolineando che un simile canale potrebbe in teoria «essere usato da criminali di ogni genere» e che per uno «Stato-mafia» come l’Isis è assai utile autofinanziare le proprie opere di morte tramite i commerci più redditizi, come la tratta di migranti.

Nello specifico, a essere colpito da una condanna a 7 anni di reclusione in primo grado di giudizio è stato il 27enne scafista tunisino Chayah Saber: le motovedette della Sezione operativa navale e della Tenenza della Guardia di finanza di Porto Empedocle l’avevano bloccato il 22 settembre scorso nelle acque al largo di Realmonte, nell’Agrigentino (zona Sud-Ovest della Sicilia), mentre era al timone di un peschereccio del tutto anonimo, «non battente alcuna bandiera e non riportante alcuna sigla sullo scafo», con cui stava tentando la fuga verso le coste del Maghreb dopo aver fatto sbarcare 45 migranti tunisini ad Agrigento, lungo le coste di frazione Cannatello.
 Il “12 metri” venne bloccato e Saber arrestato: le Fiamme gialle scoprirono che era entrato in Italia già cinque volte almeno, ogni volta fornendo generalità diverse (e sempre fasulle), appunto col più classico dei natanti “fantasma”. Da ognuno dei desperados maghrebini trasportati verso l’Europa s’era fatto pagare 2 milioni e mezzo di dinari tunisini, circa 750 euro.

Adesso, il verdetto pronunciato in sede collegiale dal Tribunale di Agrigento (presidente, Luisa Turco) che condanna lo scafista a 7 anni di carcere – contro gli 11 proposti dal pm Salvatore Vella – per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, false generalità e resistenza a nave da guerra.

Reato contestato, quest’ultimo, perché Chayah Saber non solo aveva disatteso l’ordine di fermarsi e far controllare il peschereccio lanciatogli dalle motovedette della Finanza, ma aveva pure gettato in mare cellulare e navigatore per rendersi ancor più “irrintracciabile” nel lanciarsi verso un’improbabile fuga, “avanti tutta” verso le coste della Tunisia, miseramente terminata col suo arresto.
 
 
Ultimo aggiornamento: 19:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA