Meloni, le sfide del 2024: spinta al premierato e corsa per il voto Ue

Il presidente del consiglio si avvia al 2024 carica di consenso sia personale sia di partito: quasi il 60 per cento degli italiani è con lei

Domenica 24 Dicembre 2023 di Mario Ajello
Meloni, le sfide del 2024: spinta al premierato e corsa per il voto Ue

A casa Meloni, l'albero di Natale è circondato di regali di famiglia.

Quelli politici restano fuori dalle mura domestiche e sono regali molto graditi - il presidente del consiglio si avvia al 2024 carica di consenso sia personale sia di partito: quasi il 60 per cento degli italiani è con lei, secondo il sondaggio di queste ore di BiDiMedia, con Fdi al 28,5 per cento che stacca di oltre dieci punti il Pd - perché contenenti certi successi o almeno certe smentite a quella che pareva dovesse, secondo sapientoni, ideologici e propagandisti avversi, essere la realtà: dovevamo avere un 2023 di recessione, di spread impazziti, di borse al collasso, di disoccupazione, di risorse perdute (il Pnrr non è affatto evaporato e la Ue elargisce le rate promesse) e non abbiamo avuto niente di tutto questo.

Non un anno bellissimo, ma quasi. «Il 2024 - parola di Giorgia - sarà più difficile del 2023». E dire così non è un modo per piangersi addosso. È viceversa un esercizio di realismo. La preoccupazione di Meloni non riguarda le tornate di elezioni regionali e amministrative, dove il centrodestra sembra avere gioco facile. Il regalo natalizio difficile da maneggiare è, anzitutto, quello della stabilità interna alla propria coalizione. Nella quale - come dimostra clamorosamente il caso della bocciatura del Mes, più subita che voluta dal capo del governo - l'iper-attivismo di Salvini, timoroso di non avvicinare la Lega alla soglia di sicurezza del 10 per cento alle elezioni europee di giugno, sta diventano un problema sempre più forte per Meloni e non bastano le rassicurazioni dell'alleato - «Sono contento di fare il numero due se il numero uno è Giorgia» - per tranquillizzare quest'ultima. Lei sa benissimo, da politica super professionista, che non c'è nulla che infastidisce di più i cittadini di un esecutivo litigioso e ballerino anche se insostituibile chissà per quanto, per mancanza di alternative. Dire, da parte di Giorgia, che il 2024 sarà più duro dell'anno in corso e che volge al termine significa chiamare a un surplus di coscienza e di consapevolezza e di responsabilità tutti i suoi alleati. E vuol dire fare questo ragionamento che Meloni ripete spesso in queste ore ai suoi interlocutori: «Siamo soddisfatti di ciò che è stato, e ora dobbiamo alzare il livello delle nostre performance per andare oltre il rodaggio del 2023 e oltre lo sprint iniziale, cominciando a lasciare un segno vero». Il successo alle Europee è il segno sperato. Vuole giocarsi tanto, anzi tantissimo la leader FdI nel voto del 9 giugno, tanto è vero che in molti danno come probabile la sua candidatura in tutte e cinque le circoscrizioni elettorali. L'obiettivo è il 30 per cento per il suo partito, o poco meno. E, se così sarà, a giugno - di nuovo legittimata in queste elezioni da mid-term come liderissima della politica italiana - proverà ad accreditarsi come perno attorno a cui costruire una nuova alleanza anche nell'Unione europea, magari sempre con l'egemonia del Partito Popolare ma con un Partito Socialista Europeo indebolito e una destra dei Conservatori e Riformisti rafforzata e saldamente a guida meloniana. L'occasione per svettare è anche quella del G7 a guida italiana che si svolgerà in Puglia a Borgo Egnazia dal 13 al 15 giugno, subito dopo le Europee. Nel 2024 il salto a favore dell'Ue sarà un'occasione per Meloni. Ma dovrà rinnegare, secondo i suoi critici e secondo molti osservatori neutri, il suo veto sul Mes (compensato dal compromesso raggiunto sul Patto di stabilità) e sciogliere le ambiguità sul suo europeismo a intermittenza. Paradossalmente, gli attacchi di Salvini a Bruxelles renderanno più credibile il percorso di Meloni agli occhi della comunità internazionale a cui lei potrà apparire come un interlocutore moderato, affidabile e pragmatico se paragonato agli italo-sovranisti.

LA SFIDA

Occhio poi, nel pacchetto natalizio per il 2024, a quello che contiene il premierato. Alla fine dell'anno che sta per cominciare, la riforma istituzionale sarà definita ma attraverso una discussione non agevole per Meloni. Viste le opposizioni non tanto dell'opposizione di sinistra, ma di quel deep state che nell'intangibilità della Carta costituzionale, degli equilibri tra governo e parlamento e dei poteri della presidenza della Repubblica ha sempre trovato e trova il suo ubi consistam e la sua rassicurazione. Ciò non toglie che nel 2024 Giorgia voglia giocarsi tutto, o tanto, non solo alle Europee ma anche nella preparazione del referendum costituzionale previsto per l'anno successivo. Ha bisogno Meloni - di fronte alle difficoltà di gestione della propria maggioranza e contro i nemici veri o presunti che lei vede da tutte le parti, come dimostrato dal comizio conclusivo di Atreju - di rendersi conto nel 2024 se davvero può contare sul sostegno largo e convinto del Paese. E qualora dovesse scoprire, tra Europee e tutto il resto, di non averlo in proporzioni soddisfacenti e rassicuranti, non ne farà una tragedia. Anzi, come dice riservatamente in queste ore alle persone con cui parla, sarà nel caso pronta a tornare all'opposizione. Ma al momento - e si goda Giorgia il Natale con Ginevra, con Arianna, con Lollo e con sua mamma - sembra un'ipotesi dell'irrealtà.

Ultimo aggiornamento: 10:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA