Un protocollo da condividere che dovrebbe poi concretizzarsi (ma il condizionale è ancora necessario) in un decreto legge con regole fissate in modo stringente. E possibilmente risorse fresche per la cassa integrazione. Questa l’offerta con cui il ministero del Lavoro si presenterà oggi al secondo round del confronto con le parti sociali sulle conseguenze dell’ondata di caldo.
I RISCHI
Vengono menzionati poi altri adempimenti a carico dei datori di lavoro, come quelli che riguardano l’idratazione, con disponibilità di acqua potabile e di servizi igienici e i dispositivi di protezione individuali, che devono essere forniti quando necessario (inclusa eventualmente la crema solare qualora prescritta dal medico). I rischi connessi al caldo riguardano in misura maggiore lavoratori di età superiore ai 65 anni o che hanno particolari patologie o ancora le donne in gravidanza. Dunque questi sono i temi su cui oggi si discuterà al ministero del Lavoro. Presenti insieme alle parti sociali anche il dicastero della Salute, l’Inps e l’Inail. Il testo su cui si lavora contiene anche riferimenti alla cassa integrazione e allo smart working, ma piuttosto generici e non vincolanti. Il secondo per la verità è un tema non particolarmente rilevante, visto che l’attenzione si concentra su mansioni particolarmente esposte alle ondate di calore e per loro natura non esercitabili nella forma del lavoro agile. E’ il caso dell’agricoltura (esempio classico la raccolta dei pomodori), dell’edilizia (con particolare riferimento a chi lavora sulle superfici stradali) ma anche per alcune mansioni del turismo. Per quanto riguarda invece la cassa integrazione, attualmente è prevista la possibilità di chiederla con la causale “eventi meteo” quando la temperatura superi i 35 gradi.
LE ISTRUZIONI
Le recenti istruzioni dell’Inps lasciano aperta la porta agli ammortizzatori sociali con valori inferiori, ad esempio in caso di forte umidità che può condizionare la “temperatura percepita”. Ma i sindacati chiedono che sia fissato un livello più basso (33 gradi secondo la Uil). E vorrebbero una Cig specifica, da non sottrarre alle settimane già normalmente disponibili ed inoltre allargata a tutti i settori: qui però scatta l’esigenza della copertura finanziaria, che l’esecutivo sta valutando. In generale le confederazioni sollecitano appunto un intervento legislativo, per avere la certezza che le misure diventino operative in tempi rapidi, finché l’emergenza caldo è più acuta.
«C’è un problema di emergenza immediata che per noi vuol dire Cig e fissare un tetto di temperature oltre il quale non è possibile lavorare, poi successivamente ci potrebbe anche essere un confronto più dettagliato - ha detto il numero uno della Cgil Maurizio Landini - spero non si tratti di un semplice richiamo a vedere come affrontare il problema, siamo già in ritardo, serve un intervento che metta immediatamente a disposizione gli strumenti di intervento per tutti». Anche il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra parla di una «urgente e necessaria intesa da recepire in un decreto nel solco dei protocolli sulla sicurezza attivati durante il Covid» chiedendo una Cigo anche sotto i 35 gradi e Dpi specifici. E pure per la Uil il confronto va fatto con quanto successe ai tempi della pandemia: «Abbiamo firmato il protocollo per il Covid e il giorno dopo diventò Dpcm - ha ricordato Pierpaolo Bombardieri - noi non abbiamo capito se la ministra abbia queste intenzioni. Per Bombardieri «il tema è diverso: quando si arriva a quella temperatura chi chiede la cassa integrazione? Chi blocca i lavori? Nel frattempo, i lavoratori stanno per strada o nei campi e, dunque, sarebbe bene dare un indirizzo omogeneo».
GLI ONERI
Anche le associazioni imprenditoriali avranno modo di chiarire la propria posizione. Nei giorni scorsi lo stesso Carlo Bonomi a nome di Confindustria si era espresso per un approccio simile a quello usato per il Covid. Mentre altre organizzazioni temono un appesantimento degli oneri a carico delle imprese.