Matteo Falcinelli, la madre: «La sua vita è distrutta, ogni notte rivive l'incubo dell'arresto. Ha avuto paura di morire»

Il 5 marzo scorso è volata a Miami e da quel momento non ha mai perso di vista il ragazzo, ancora molto turbato dall’accaduto

Lunedì 6 Maggio 2024 di Ilaria Bosi
Matteo Falcinelli, la madre: «La sua vita è distrutta, ogni notte rivive l'incubo dell'arresto. Ha avuto paura di morire»

Vlasta Studenicova, la mamma di Matteo Falcinelli, vuole che sia fatta giustizia.

E si dice pronta a battersi con tutte le proprie forze affinché quanto subito da suo figlio non accada più a nessuno. Il 5 marzo scorso è volata a Miami e da quel momento non ha mai perso di vista il ragazzo, ancora molto turbato dall’accaduto. 

Vlasta, cosa è accaduto la notte tra il 24 e il 25 febbraio scorso?

«Mio figlio ha subito quella che non saprei definire diversamente se non tortura. E questo soltanto perché chiedeva indietro i suoi telefonini, che erano rimasti nel locale». 

Nel report della polizia c’è però scritto che suo figlio voleva indietro i 500 dollari spesi nel locale, non è così? 

«Non è vero, è una colossale bugia quella che hanno scritto. E le spiego perché: mio figlio non aveva proprio tutti quei soldi. Lui dà grande valore anche a un solo dollaro, sapendo bene i sacrifici che ho fatto e che faccio, da sola, per farlo studiare».

Perché erano così importanti quei cellulari? 

«Perché al loro interno c’era praticamente la sua vita. Non soltanto tutti i contatti telefonici degli amici, ma anche e soprattutto il pass per rientrare al college, le credenziali per accedere alla piattaforma dell’università e anche il sistema di pagamento elettronico. Senza i telefoni si è sentito perso». 

Poi cosa è accaduto?

«Convinto di aver subito un’ingiustizia, ha chiesto assistenza alla polizia. Rivoleva solo i suoi telefoni. Invece non gli hanno dato ascolto e lo hanno anzi invitato ad andare via».

A quel punto Matteo si è agitato?

«Mio figlio ha fatto notare agli agenti che non stavano facendo il loro dovere. Ha cercato di capire a quale distretto appartenessero gli agenti e in quei frangenti ha involontariamente toccato con un dito il badge di uno di loro. Da quel momento è partita l’aggressione. Lo hanno buttato a terra, pigiando con un ginocchio sul collo». 

Cosa le ha detto suo figlio? 

«Ha avuto paura di morire».

All’interno della stazione di polizia? 

«Sì, dove è stato torturato. Lì mio figlio non ha fatto altro che ricordare che aveva soltanto provato a rivendicare un suo diritto e che era inoffensivo. Invece è stato legato mani e piedi, sbattuto a terra».

Le immagini sono molto cruente: che effetto le ha fatto vederle?

«Mi hanno strappato il cuore. Sentire quelle urla, poi. Non sono urla di dolore, ma sono urla di tortura».

Matteo è riuscita a contattarla dopo l’arresto? 

«No, in prigione non gli hanno permesso di fare una telefonata internazionale, né hanno contattato il consolato o l’ambasciata. Matteo non ricordava a memoria il numero americano degli amici».

 

Quindi gli amici come lo hanno saputo?

«Sono stati formidabili. Preoccupati, si sono messi alla ricerca di Matteo, temendo fosse in difficoltà. Quando hanno trovato la foto segnaletica, si sono dati un gran da fare e hanno allertato anche l’altro mio figlio, che si trovava a Bologna. È stato lui a chiamarmi e a spiegarmi quello che era accaduto». 

Quando è arrivata a Miami, come ha reagito Matteo? 

«È stato molto commovente. Con le lacrime, mi ha detto che aveva un grande bisogno di un mio abbraccio. Non l’ho più lasciato. Sono riuscita a far venire anche Marco per qualche giorno. Matteo ha bisogno di tutti i suoi affetti più cari. Fa gli incubi la notte, è terrorizzato. Questa vicenda lo ha profondamente segnato. Mio figlio era un ragazzo pieno di vita e di sogni». 

Ultimo aggiornamento: 11:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA