Toni Spader e il Ponte di Vidor

Domenica 16 Dicembre 2018
Toni Spader e il Ponte di Vidor
IL RACCONTO
Dal passo barca al ponte di legno, fino ai solidi pilastri di pietra d'inizio Novecento. Il Ponte di Vidor ha fatto transitare merci, popoli, differenti culture, di qua e di là del Piave, proprio come recitava quella celebre canzone che portò l'allegria con la fine della Grande Guerra sulle rive del Fiume Sacro alla Patria. Un ponte di valore storico oltre che anello di congiunzione di tipo commerciale tra territori diversi. A distanza di oltre un secolo dalla sua inaugurazione, la domanda è: riuscirà ancora a reggere l'attuale ritmo del traffico assestato in oltre ventimila veicoli al giorno?
LA DONAZIONE
Già nel 1106 in una donazione da parte di nobili trevigiani a favore degli abati di Pomposa, che segnerà la nascita dell'abbazia di Vidor, si parla di un porto con barca sul Piave situato in un punto adatto al passaggio e soprattutto strategico, visto che per secoli tale abbazia impose il dazio per ciascun transito. Linfa vitale per le proprie casse, talmente remunerativo da scatenare litigi tra barcaioli e paesi limitrofi, fra cui Bigolino, che ottenne una sorta di indipendenza nel 1482 quando gli venne concessa una barca tutta sua. Il passo barca di Vidor funzionò fino all'11 giugno 1871 anno in cui fu sostituito da un ponte di legno e, nel 1911 dall'attuale ponte di pietra che ha sempre funzionato a dovere tranne le interruzioni durante le due guerre mondiali. «Nel 1917 il Ponte di Vidor così come gli altri sul Piave, venne in parte distrutto dal nostro esercito per scongiurare l'avanzata austriaca», racconta Dario Bordin, esperto della Grande Guerra. «Vennero fatte saltare tre arcate verso la sponda destra e tre arcate verso la sponda sinistra con tre operazioni distinte del nostro esercito il 10, 11 e 27 Novembre 1917. In particolare l'ultima fu un'azione molto coraggiosa, attuata da otto soldati del genio al comando del sottotenente Enea Carlessi e valse il conferimento di ben 4 medaglie d'argento e 4 di bronzo. Fu ricordata nella Domenica del Corriere del dicembre 1917 e riproposta cinquant'anni dopo nel 1967».
TONI SPADER IL VEGGENTE
«Ci vedeva chiaro nelle cose, come quando ipotizzò il nuovo ponte tre anni prima che fosse realizzato», racconta Italo Spader, il gestore del distributore di carburante del Ponte di Vidor, lato Bigolino, mentre sfoglia le vecchie foto di suo nonno Antonio che appare elegante con cappello e doppio petto. E in effetti la storia di quell'uomo, che tutti chiamavano Toni, è assai curiosa. Partito da Valdobbiadene a fine Ottocento per cercar lavoro in Prussia, fece la gavetta e poi la sua fortuna nel campo delle costruzioni civili. Tornò nei primissimi anni del Novecento e di fronte al ponte di legno non ci mise molto ad immaginare che entro qualche anno avrebbero costruito qualcosa di più solido nel punto dove il Piave si restringe. E la sua astuzia commerciale lo portò ad acquistare un fazzoletto di terra e ad erigere quello che per decenni fu l'Albergo Ristorante al Nuovo Ponte, quando ancora il ponte non c'era! «Era orgoglioso della sua attività, che divenne un punto di riferimento per i viandanti», ricorda Italo. «Fu enorme il suo dolore quando l'albergo venne completamente distrutto dai bombardamenti dopo la rotta di Caporetto, ma la sua tenacia lo portò a ricostruirlo ed inaugurarlo per la seconda volta nel 1922».
PREOCCUPAZIONE E FUTURO
Dopo la piena del Piave d'inizio novembre che ha demolito in pochi minuti le rampe del Bailey provvisorio a Ponte della Priula, è lecita una naturale preoccupazione da parte dei cittadini. «Cominciamo con l'evitare gli allarmismi. Il problema non è tanto di tipo strutturale, anche se stiamo attendendo dai tecnici incaricati dalla Provincia i risultati dopo il test di sollecitazione alle arcate dell'ottobre scorso. La questione sta nella viabilità che è al collasso da diversi anni», dichiara Albino Cordiali sindaco di Vidor. È giunta l'ora di dover metter in atto un progetto rimasto per troppo tempo nel cassetto, la realizzazione cioè di un nuovo ponte che dirotti il traffico da Vidor tramite una circonvallazione che collega la strada provinciale 34 con la strada regionale 348 Feltrina, sulla destra Piave. Un'opera che secondo lo studio di fattibilità nel 2015 era stimata in 40 milioni di euro e che non manderebbe in disuso l'attuale ponte, anzi, offrirebbe un transito alternativo ai residenti locali».
CAPOLAVORO DI INGEGNERIA
Pur concepito in un'epoca in cui i mezzi a motore non esistevano nemmeno, l'attuale ponte rappresenta ancor oggi un capolavoro di ingegneria civile. Fu realizzato tra il 1908 e il 1911 dall'impresa Odorico e C. di Milano incaricata dalla Deputazione Provinciale di Treviso che calcolò una lunghezza di 364 metri, una larghezza di 7 metri e un'altezza dalla quota di magra del Piave di 13 metri. Inizialmente sulla carreggiata nord era disposta la sede della linea tramviaria elettrica MontebellunaValdobbiadene, in seguito dismessa, mentre le fondazioni furono realizzate adottando la stessa tecnica costruttiva del vicino Ponte della Priula. «Basta osservare le splendide arcate da 21 metri di luce e gli imponenti basamenti di pietra che lo sostengono per renderci conto che ci troviamo davanti ad un'opera monumentale», spiega Giovanna Capretta, appassionata di storia locale. È curioso sottolineare che sarebbe improprio chiamarlo Ponte di Vidor, essendo inserito nel territorio di altri comuni. Tale appellativo da decenni si è consolidato nella dizione popolare in quanto generato dal millenario passo barca e dal precedente ponte di legno che effettivamente gravitavano nel territorio di Vidor. Per questo motivo da allora si è sempre chiamato Ponte di Vidor».
Giovanni Carraro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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