Tom Wolfe

Mercoledì 16 Maggio 2018
IL RITRATTO
Norman Mailer si burlava dei suoi abiti color vaniglia, che il sarto newyorchese Vincent Nicolosi gli confezionava da sempre, e che lui amava abbinare con camicie di seta a righe sottili, dal collo inamidato. Tom Wolfe non si scomponeva alle critiche, e definiva con autoironia neo-pretenzioso il suo modo di presentarsi a passeggio per Madison Avenue. È difficile abituarsi all'idea che quel dandy di altri tempi, autore di capolavori come Il falò delle vanità, ideatore del new journalism e di termini fortunati come radical chic, sia scomparso per sempre. Sì, perché Tom Wolfe è morto ieri nella sua New York, all'età di 87 anni. Lascia una bibliografia sterminata, e una quantità incalcolabile di articoli polemici, pieni di satira graffiante. Repubblicano nell'anima, era buon amico di George Bush padre, che ridacchiava ogni volta che il giornalista bastonava (e lo faceva spesso) l'intellighenzia di sinistra. Il reportage che fece la differenza arrivò nel 1970, con la festa (apparentemente innocua) che aveva organizzato Leonard Bernstein nel suo salotto di Park Avenue, per abbracciare la causa rivoluzionaria delle Pantere Nere. Una lettera al vetriolo della sorella Shirley - consultabile alla New York Public Library assieme all'intero corpus dell'archivio di Wolfe - scomunicò lo scrittore, esiliato all'istante dalla crema engagé della Grande Mela.
CRITICHE ED ELOGI
John Irving disse di lui che, in quanto giornalista, non poteva certo essere capace di scrivere romanzi. Ma per William Buckley era l'autore «con più talento d'America»; e molte sue opere lo dimostrano. Dalle prime raccolte di articoli ai romanzi che lo hanno reso famoso, come Il falò delle vanità (diventato un fortunato film diretto da Brian De Palma) all'ultimo Le ragioni del sangue. Il primo, una spietata satira degli eccessi nella New York di Donald Trump, dimostrò che Wolfe non guardava veramente in faccia a nessuno; le immagini di Tom Hanks nei panni di un executive di Wall Street e di Melanie Griffith nel ruolo della sua fidanzata avida sono tornati a molti alla mente (così come il successivo romanzo Un uomo vero), nei giorni del crollo dei mutui subprime. Anche la sua penna di saggista riusciva a ispirare il cinema, come accadde con The Right Stuff, sulla prima squadra di astronauti della Nasa.
In una foto degli anni Sessanta, Wolfe mostra il dito medio all'obiettivo. E c'è molto di lui, in quell'immagine sbarazzina, e nei reportage di quegli anni. In The Pump House Gang, il fustigatore dei costumi d'America raccontò di una lisergica banda di surfisti hippie di San Diego, che ricorda tormentoni successivi come Point Break.
Malgrado tutti gli scritti corsari, Tom Wolfe ha vissuto una vita moderatamente appartata, frequentando gli amici di sempre (come Gay Talese che nelle lettere si firmava scherzosamente Don Corleone), che talvolta riceveva nel suo appartamento di 12 stanze nell'Upper East Side, dove viveva con la moglie Sheila, l'amore di una vita.
Riccardo De Palo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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