TEATRO
L'ultimo viaggio Una «farsa perfetta». Il regista Marco Zoppello

Domenica 24 Febbraio 2019
TEATRO L'ultimo viaggio Una «farsa perfetta». Il regista Marco Zoppello
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L'ultimo viaggio Una «farsa perfetta». Il regista Marco Zoppello definisce così Il Malato Immaginario di Molière, la pièce da cui prende le mosse. L'ultimo viaggio di Stivalaccio Teatro, uno spettacolo in cui l'arte e la vita dell'autore francese si intrecciano con la tradizione veneta della commedia dell'arte. Il lavoro firmato da Zoppello in scena dal 27 febbraio al 3 marzo al Teatro Verdi di Padova (info www.teatrostabileveneto.it) è interpretata da Sara Allevi, Anna De Franceschi, Michele Mori, Stefano Rota con lo stesso Zoppello, che è anche regista. La trama gioca sul teatro nel teatro e ingloba l'opera molieriana, costruendoci attorno un pretesto che trascina il pubblico in un vortice comico, quasi farsesco.
NELLA COMMEDIA DELL'ARTE
Lo spettacolo racconta dell'ultimo viaggio della Compagnia dello Stivale (composta da Giulio Pasquati, Girolamo Salimbeni e Veronica Franco) che, dopo un lungo peregrinare, approda al Teatro Palais Royal di Parigi sotto la direzione di Jean-Baptiste Poquelin, in arte Molière. È il 17 febbraio 1673 e la quarta recita de Il malato immaginario è a rischio dato che il Maestro non è dell'umore per andare in scena, ma l'insistenza dei tre commedianti italiani è inarrestabile. Molière è costretto a cedere, lo spettacolo deve continuare. A complicare la situazione, torna inaspettatamente Madeleine Poquelin, figlia dell'autore-attore, fuggita dal convento romano dove era stata rinchiusa. In questo contesto già complicato, inizia la messinscena della celebre ed esilarante storia del Malato Argante. Le astuzie della serva Tonietta intessono gli amori contrastati della dolce Angelica con il giovane Cleante, mentre Belinda, seconda moglie di Argante, è intenta ad accaparrarsi la fortuna del vecchio.
AL PALAIS ROYAL
È dunque una recita particolare quella che va in scena al Palais Royal, tra lazzi, improvvisazioni e maschere grottesche. E il pubblico, dalla platea, vede tutto quel che succede dietro le quinte: litigi e furti, baruffe e provocazioni, mentre spariscono casse e si inventano personaggi con la velocità che serve ai guitti per sopravvivere in un mondo difficile. Tra incroci di dialetti e incastri scenografici, Zoppello conduce un gioco azzardato (ma già apprezzato dalla critica) che parte da Molière e arriva alle radici del teatro, gioco di specchi e illusioni. Questo lavoro è «un inno alla vita, alla risata e alla bellezza, cantato dai saltimbanchi, condito di una farsa feroce, intrisa di amore per il pubblico». Riflessione quasi esistenziale, l'opera è comunque prima di tutto un omaggio al grande drammaturgo francese. «Molière, da veterano della risata, costruisce nell'ultima sua opera una macchina teatrale inattaccabile, tratteggiando personaggi classici e moderni allo stesso tempo aggiunge il regista - Egli mette in scena la forza e la vitalità dell'amore giovanile contrapposta alla più grande paura dell'umano: il passare del tempo».
Giambattista Marchetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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