Tangenti, Ghezzo resta in carcere

Giovedì 30 Marzo 2017
Tangenti, Ghezzo resta in carcere
Resta in carcere Claudio Ghezzo, dopo che anche il Tribunale del riesame ha respinto il suo ricorso. Intanto la Procura gli ha restituito parte dei quadri e dei titoli sequestrati, in quanto di valore superiore alle contestazioni. Il caso del dirigente di Veritas sospeso, coinvolto nell'indagine sulle mazzette che avrebbero condizionato alcuni appalti dell'azienda, è stato discusso ieri davanti al giudici del riesame.
I suoi difensori, gli avvocati Fabio Niero e Alvise Muffato, avevano puntato tutto sulla mancanza di esigenze cautelari. Tutti i fatti risalgono a due anni fa. E un anno e mezzo fa, dopo le prime perquisizioni, Ghezzo era stato spostato d'incarico e non si occupava più d'appalti. Dopo l'arresto Veritas lo ha poi sospeso dal servizio e dallo stipendio. Insomma, secondo la difesa, non avrebbe più la possibilità di ripetere lo stesso reato, come sostengono invece il pm Giorgio Gava e il gip Roberta Marchiori. Anche sull'inquinamento delle prove, le opinioni divergono. Per pm e gip, Ghezzo avrebbe cercato di contattare Sabrina Tonin, la manager padovana coinvolta nell'inchiesta, per concordare una difesa. Una conversazione legittima, per la difesa, e anche questa comunque risalente del tempo. «Manca completamente l'elemento di attualità: tutte le ipotesi inquisitorie del procedimento, come la possibilità di alterare gli atti processuali, sono legate a fatti precedenti il 2015. Dire che c'è rischio di reiterazione reato è pura teoria» sostiene Niero. Ma i giudici del riesame, evidentemente, si sono fatti un'idea diversa.
In attesa di conoscere le motivazioni del Tribunale, ora la difesa di Ghezzo si concentrerà nel merito delle accuse. «Dimostreremo la legittimità dei contratti al centro delle accuse - spiega Niero - Tutti regolari, passati al vaglio degli organi di controllo». Per la difesa anche le somme di denaro sarebbero di molto inferiori a quelle contestate e non sarebbero tangenti, bensì prestiti. La restituzione di titoli e opere d'arte sarebbe un «ridimensionamento dell'accusa».
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