Show e libro doppia sfida per Goldin

Martedì 16 Ottobre 2018
L'INTERVISTA
Marco Goldin è un treno in corsa, un po' come le locomotive a vapore di Monet che tra nuvole e fumo tagliano il paesaggio lanciate verso altri mondi. Guai fermarlo. Gli impressionisti sono e restano il suo universo, ma stavolta il celebre curatore d'arte trevigiano, che qualche mese fa aveva annunciato di voler abbandonare le mostre per dedicarsi a nuovi progetti, è pronto a misurarsi con una doppia impresa, uno spettacolo e un libro che celebrano sì la sua passione, l'impressionismo, ma scavano a fondo anche nell'amicizia tra Van Gogh e Gauguin. Una grande storia fatta di affetto, ammirazione e fascinazione (Vincent verso Paul), tra tormenti, sbalzi del cuore e lavoro infaticabile. Un legame complesso e potente che affiora in La grande storia dell'impressionismo - dal 17 novembre a Salsomaggiore per poi andare in tour, con due date in Veneto, il 26 al Filarmonico di Verona e il 30 al Geox di Padova - e nel romanzo I colori delle stelle (Solferino editore), atteso due giorni prima del debutto a teatro.
Lo spettacolo non germoglia da una mostra, ma nasce per il palco mescolando le parole del critico, le musiche di Remo Anzovino e gli effetti speciali dei videomaker Fabio Massimo Iaquone e Luca Attili, che firmano «una scenografia di grande suggestione», con foto d'epoca e dei giorni nostri, immagini dei quadri e filmati girati appositamente in Francia nei luoghi più suggestivi dell'impressionismo, dalle foreste attorno a Parigi alle scogliere della Bretagna e della Normandia.
Cosa l'ha spinta in questo nuovo progetto?
«Avevo bisogno si staccare dalle mostre, almeno per un anno, un anno e mezzo, e di dedicarmi ad altro».
Niente più mostre? È sicuro?
«Ancora non lo so, su questo per il momento non mi sono fatto un'idea precisa. Quando ho preso la decisione, ero convinto di non farle proprio più. Poi tra agosto e settembre un po' ci ho ripensato e mi sono detto riprendo. Ma adesso non lo so. Intanto sono contento del libro e dello spettacolo».
Anche Sgarbi porta l'arte a teatro, Angela racconta le bellezze d'Italia in tv, mentre Settis osserva che la storia dell'arte, nelle nostre scuole, resta una Cenerentola. I critici a teatro colmano le mancanze?
«Col teatro ho cominciato nel 2005, Sgarbi ci è arrivato successivamente. Pensavo che il palcoscenico fosse il luogo giusto per parlare d'arte, e il pubblico ha risposto. Si possono vedere le mostre, leggere libri e andare a teatro per vivere un altro genere di emozioni. In questo spettacolo c'è tanto da vedere e non soltanto da ascoltare. Le immagini sono meravigliose, si resterà incantati».
Che storia esplora?
«Sarà un'ora e quaranta di spettacolo: racconto la nascita dell'impressionismo, i suoi protagonisti, la rottura con le regole della tradizione accademica, i paesaggi. Nella seconda parte l'amicizia tra Van Gogh e Gauguin, un condensato di quello che ho narrato nel romanzo I colori delle stelle».
Che amicizia era?
«Mi sono basato sui documenti, sulle loro lettere che poi ho reinterpretato e riscritto a fini narrativi. Era un'amicizia sincera, ma infinitamente combattuta. C'era l'aspetto devozionale di Van Gogh verso Gauguin che si sentiva più moderno, con Vincent che subiva il fascino dell'amico. Nel libro c'è poi la presenza determinante del fratello di Vincent, Theo, che era il mercante di Gauguin. Una gran bella storia dal punto di vista degli intrecci. Ho cercato di narrarla nel miglior modo possibile».
E in scena?
«Penso che lo spettacolo saprà colpire, tra le musiche create ad hoc da Remo Anzovino, e la parte visuale. Con il produttore abbiamo mandato una troupe in giro per la Francia a riprendere la foresta di Fontainebleau, le scogliere della Normandia, e poi Bretagna, Provenza, Arles, Auvers dove Vincent muore. Ci saranno più schermi sul palco, uno molto grande di 6 metri per 5 e altri più piccoli che consentiranno di proiettare immagini diverse contemporaneamente, collegandole a ciò che dico, illustrando dettagli dei dipinti o paesaggi. Una cosa nuova e diversa».
Come mai il tour non tocca la sua Treviso?
«Quando Imarts, che ha prodotto lo spettacolo, ha predisposto il calendario, non si sapeva ancora nulla del destino del Comunale. Ma non è detto, vedremo alla ripresa dell'anno se potremo aggiungere altre date. Molto dipende da ciò che deciderò di fare, se continuare con le mostre o no. Ma a Treviso presenterò il romanzo, a fine novembre, in forma di recital assieme ad Anzovino al pianoforte».
A Padova è aperta a Palazzo Zabarella la mostra Gauguin e gli impressionisti.
«Lo so bene, era un progetto che il museo danese Ordrupgaard mi aveva proposto più di un anno fa, ho ancora il contratto con loro. Era programmata a Verona, poi non è andata in porto perché la Gran Guardia non era disponibile nelle date richieste e le sedi alternative proposte dal Comune non mi sembravano adeguate. Con quel museo ho un rapporto che dura da 15 anni. Metà di quelle opere è già venuta in Italia portata da Linea d'ombra. Diverse tra esse erano tra l'altro comprese nella mostra sull'impressionismo dello scorso anno a Treviso, inclusa quella usata come immagine simbolo dell'esposizione padovana».
Circolano voci sul possibile incarico a lei di nuovo direttore dei musei civici di Treviso.
«Smentisco categoricamente, non sono io la persona. Me ne hanno parlato, certo, ma ho subito detto di no. Un ruolo che non si sposa con tutto quello che sto facendo adesso»
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Chiara Pavan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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