Rosy, la moda con Garbo

Lunedì 21 Maggio 2018
Rosy, la moda con Garbo
L'INTERVISTA
Nel Dizionario della Moda viene subito dopo la Divina: Greta Garbo. Poi c'è lei, la stilista padovana Rosy Garbo: «Ama i colori decisi e tessuti preziosi. Sperimenta accostamenti innovativi abbinando Le stoffe al vetro di Murano». Era già arrivata con i suoi modelli nel cinema, in tv, nelle sfilate internazionali; le mancava il Palazzo. Missione compiuta: la prima donna Presidente del Senato è entrata a Palazzo Madama indossando una creazione di Rosetta Giannina Garbo, detta Rosy, 68 anni, nata a Cavarzere, trapiantata a Padova.
Quando Rosy ha un anno, la famiglia Garbo deve scappare nel novembre 1951 dopo l'alluvione. «Siamo andati via prestissimo costretti a fuggire per l'alluvione. La nostra casa era allagata, sommersi anche i nostri campi. Eravamo profughi come tutta la popolazione, ci siamo trasferiti a Stra dove papà ha trovato lavoro. Siamo tornati molto tempo dopo».
È vero che già da bambina voleva fare la stilista?
«Quando avevamo 10 anni con la mia amica Lucia abbiamo preso da una siepe dei panni stesi, a noi sembravano stracci vecchi abbandonati. Io tagliavo e cucivo per fare abiti per le bambole, Lucia mi aiutava. Finché i vicini hanno incominciato a gridare al ladro. Noi non volevamo più uscire, siamo rimaste nascoste tutta la notte. Ci hanno scoperte dopo che avevano rintracciato le nostre biciclette vicino al fiume e hanno visto subito a cosa erano serviti quei ritagli di tessuti: le bambole erano tutte rivestite a nuovo. I genitori ci hanno perdonato, mi viene da ridere a ripensarci. Chissà se Lucia si rifà viva? Non la vedo da tanti anni».
Come prendevano in famiglia questa passione?
«Facevo le sfilate in casa con le compagne di giochi come modelle. Creavo vestiti con tutto quello che trovavo in giro. Con la mia paghetta compravo i resti delle pasticcerie, poi davo un rinfresco: pastine e aranciata. Ho incominciato da un sarto che con la moglie faceva abiti da uomo, Cavarzere allora stava diventando importante nel Veneto per le fabbriche di pantaloni. Qui vicino è nato l'Americanino Jeans che era un marchio mondiale. Tra i giovanissimi collaboratori c'era Renzo Rosso che poi ha fatto una grande carriera. Al bar sedeva Egon Furstenberg».
Laboratori tessili come scuola per chi voleva entrare nel mondo della moda?
«Dopo il diploma ho insegnato per qualche anno, avevo una Fiat 500 per spostarmi, ma ero più presa dalla fantasia di fare qualcosa di mio. Era il 1970 e creavo già qualche modello per le ragazze che si sposavano. Poi ho seguito mio marito Gianni a Pegolotte, i figli Francesco e Mauro sono nati quasi a ruota e per qualche tempo ho mollato il lavoro».
Come è uscita dal piccolo centro?
«La mia amica Beatrice, che lavorava all'Associazione Industriali di Padova, si sposava e aveva invitato alle nozze molti industriali. L'abito che avevo pensato per lei ebbe tale successo che nelle settimane successive mi chiesero di seguire il gruppo delle giovani dell'Associazione e nel giro di poco tempo organizzai una sfilata a casa mia con 15 ragazze, tutte figlie di imprenditori. Arrivarono 400 persone, c'erano macchine dappertutto, il Gazzettino scrisse che a Pegolotte era nata una signora della moda».
Lo sbarco a Padova?
«Volevo una sede a Padova e così sono venuta in Passaggio San Fermo dove c'è sempre l'atelier. Volevo un'inaugurazione che la città ricordasse, sapevo che al Teatro Verdi doveva cantare Katia Ricciarelli e mi sarebbe piaciuto averla come madrina. Ma come arrivarci? La direttrice del teatro indossava un mio modello che colpì la cantante che volle conoscermi, non ho dovuto fare niente, le ho detto: Signora, quando ha un impegno importante ci penso io. Doveva andare in Sardegna, così pensai a due abiti che trovassero spunto nel colore del mare sardo. In cambio chiesi soltanto che venissero all'inaugurazione del mio atelier: Molto volentieri e spero che porti fortuna, rispose il marito Pippo Baudo».
Ora veste anche la prima donna Presidente del Senato...
«Ho conosciuto la figlia Ludovica, poi lei. Sono tra le mie prime clienti, la Presidente del Senato è una donna di classe, con lei non si azzarda ma occorre finezza. Il modello che indossava per l'insediamento era mio; la rappresentava benissimo, ne racchiudeva il carattere e la tenacia».
L'ingresso nella grande moda?
«Ho incominciato con sfilate nelle ville venete, a Stra c'erano il presidente della Camera della Moda e le telecamere di Rai3. È stata la grande occasione, da quel momento sono entrata nel calendario internazionale della moda. Sono stata presente fino all'ultima edizione di Donna sotto le stelle a Roma: davanti alle telecamere della Rai, scendevi con le modelle la scalinata di Trinità dei Monti. Ma certa creatività della moda aveva incominciato a spegnersi dopo l'11 Settembre 2001, l'attentato alle Torri Gemelle. E per quanto riguarda il Made in Italy a segnare l'inizio di una certa crisi è stata la morte di Gianni Versace. Lo ho ammirato molto. Oggi mi piace Marras che ha portato un pensiero nuovo».
Quali sono state le sue testimonial nel mondo dello spettacolo?
Elisabetta Gardini, Lorenza Mario, Stefania Sandrelli... la Ricciarelli indossa sempre i miei modelli, basta una telefonata: Rosetta dovrei fare.... Ho vestito Mara Venier già per il suo primo programma tv, al Cantagiro del 1992, era con Fiorello».
Come è andata con Sharon Stone?
Per lei ho fatto tre abiti, quando è venuta a Sanremo; anche se per vestire una star americana devi superare una serie di controlli e di esclusive. Ma sul palcoscenico del Festival davanti a decine di milioni di telespettatori la bellissima signora Stone è andata incontro a Pippo Baudo vestita da me...».
La sfilata che ricorda?
«Quella di poche settimane fa quando al PalaGeox abbiamo presentato davanti a 2500 persone La vita oltre gli ostacoli per raccogliere fondi con la ricerca: le modelle erano 13 ragazze malate di leucemia e tre dottoresse del reparto di Oncologia dell'ospedale padovano. Mai avuto un applauso così forte in tutta la mia vita».
Una stilista come immagina l'uscita di scena?
«Vorrei fare come la signora Fernanda Gattinoni che vestiva Ingrid Bergman, Evita Peron e Audrey Hepburn. È morta a 96 anni in laboratorio, mentre controllava che i suoi modelli venissero eseguiti alla perfezion
e».
Edoardo Pittalis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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