Piero archeologo «Trovai una collana Così scoprii Altino»

Sabato 21 Aprile 2018
Piero archeologo «Trovai una collana Così scoprii Altino»
LA STORIA
«Suonava. Oh come vibrava, un tintinnio piacevole e angelico. In vita mia non avevo mai sentito nessun strumento suonare così. L'ho alzata al cielo, contro il sole: che luce!. Piero ripete il gesto che fece 33 anni fa: Il cuore mi era arrivato alle orecchie, sentivo tutto pulsare; se non ho avuto un infarto è stato un miracolo. Non ha mai raccontato questa storia: dal 1985 Piero Calza ha tenuto per se tutte le emozioni del ritrovamento dell'oggetto più bello del museo di Altino. Una collana definita dagli specialisti splendido prodotto dell'oreficeria ellenistica tarantina databile tra la fine del II e inizi del I secolo a.C., interamente d'oro con 33 elementi biconici; un tale oggetto mette a fuoco i rapporti tra l'emporio lagunare e il bacino mediterraneo, frutto di un sotterramento dovuto a conflitti interni tra i romani. Un monile che racconta un'intera storia italiana.
Pietro parla solo ora della sua collana, per il Gazzettino. Ha 76 anni, una vita passata nella campagna, è appena tornato da Napoli. Mentre camminiamo sul tracciato di un'antica strada, a fianco di un fossato di origine romana ci indica i fiori di pervinca. Non gli dispiace se lo chiamiamo l'uomo del bosco perché di fatto passa gran parte dei suoi giorni nel terreno dove ha trovato la collana; che ora il museo di Altino conserva in una teca, assieme ad altri oggetti.
«Secondo me nemmeno tanto bene protetta mormora Piero Calza avrebbe bisogno di un contenitore corazzato.
L'UOMO DEI RITROVAMENTI
Eppure l'uomo del bosco era abituato ai ritrovamenti. «Fin da quando avevo 15 anni ho portato alla Soprintendenza quello che trovavo nei nostri campi». Ma anche quello che recuperavo in giro dai contadini. Riceveva piccole ricompense, come prescrive la legge. Gesti importanti i suoi perché ad Altino, da dopo le bonifiche degli anni Venti del 900, quando cioè sono cominciati ad apparire numerosi oggetti è stata tutta una rapina. Proprio come denunciava nel 1951 il soprintendente Giovanni Busin parlando di saccheggio e distruzione del materiale archeologico dei contadini del posto, cominciato già nel 1947. Pietro ritrova una cosa d'oro «che dovevo restituire alla mia patria Altino, dovevano vederla tutti» e la fa vedere subito alla madre.
LA SCOPERTA LUCCICANTE
Nella primavera del 1985 Piero contempla solo per alcuni giorni la sua collana d'oro, ne riascolta il suono. Ora, mentre racconta, gli occhi girano intorno a cercare il luogo dove si è inginocchiato, poco lontano da noi: adesso passa la nuova tangenziale. «Poi sono andato a Padova dalla Soprintendenza con la collana in tasca». Lo accolgono due grandi esperti, Bianca Maria Scarfì e Michele Tombolani che rimangono a bocca aperta. «Ricompensa? Sì mi hanno dato qualche soldo, ma dieci anni dopo; a malapena ho rifatto le finestre di casa». Ci guarda ed esplode: Ma sa che la burocrazia di adesso sta uccidendo tutto?. Di fronte allo sbigottimento riprende: «Se uno trova qualcosa dovrebbe non toccare niente, chiamare la Soprintendenza e magari sentirsi sospettato di aver nascosto qualcos'altro. Così non funzionerà mai. È arrabbiato e si sente.
Ama questa sua patria Altino e non si rammarica più nemmeno ricordando gli anni '70 quando la Guardia di finanza arrivò in casa a sequestrare quattro stracci e perfino le monete che avevo comprato nei mercatini. Dica, dica che fanno di tutto per uccidere il volontariato. Ma sa che se uno vuole fare qui ad Altino un mercatino di prodotti naturale deve riempire una montagna di moduli. Le leggi stanno seppellendo il cittadino che ha voglia di fare, che vuole curare la sua terra. Un altro esempio? Con un'associazione abbiamo costruito un plastico bellissimo della città: quelli della Soprintendenza non vogliono saperne, perché non hanno partecipato».
LA CURA DEL BOSCO
«Nel mio bosco dove passano lepri, fagiani e non si coltiva più, abbiamo lasciato tutto spontaneo, vede quel pioppo alba con il tronco dai segni del diamante, guardi l'olmo e i frassini - venivano le classi a vedere come erano i boschi antichi perché con le bonifiche e dopo la guerra la campagna è stata rasa al suolo (quella quercia, l'albero più vecchio qui, ha la mia età). Le scuole non ci vengono più, problemi burocratici. Qui è difficile per un cittadino parlare con chiunque, comune, università, soprintendenza. Ci vuole il coraggio di togliere regole quando sono troppe». Si sente che Calza è stato consigliere comunale a Quarto d'Altino, che il suo senso civico non si arrende di fronte a questa terra orfana e sempre più in pericolo dopo la morte di Giancarlo Zacchello ex presidente degli industriali che amava Altino. Se i terreni di Zacchello, centinaia di ettari in vendita, - una parte è ancora nascosta Altino madre di Venezia - venissero comprati da qualcuno per farne una discarica chi potrebbe impedirlo?
Adriano Favaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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