Pieraccioni e l'amore Una ribollita toscana

Venerdì 7 Dicembre 2018
Pieraccioni e l'amore Una ribollita toscana
Involtini primavera surgelati: è il cibo di cui si nutre il single impenitente Leonardo Giustini, alias Pieraccioni, ma è anche l'indigesto pasto di questa maratona dell'amore perduto. Il divano in cui siede stabilmente l'abbiente giornalista web in crisi sentimentale ha preso la forma del suo corpo come i film del regista fiorentino: ne sono lo specchio e l'anima fanciullesca, ironica, e in fondo, votata alla superficie. Il giochino del ripescaggio delle fidanzate del passato per riprovarci perché, se son rose, è un ordito da commedia leggera, alla francese, portata in alto in passato dal tenero Bertrand Morane di François Truffaut, ovvero dell'uomo che amava le donne. Ma il Leonardo di Pieraccioni ama davvero le donne della sua vita e riesce a far lievitare il giochino che la bella figlia ha messo in atto? Le minestre riscaldate dell'amore restano quello che sono: indigeribili, e mentre le vediamo sfilare, la suora laica, la prof di filosofia dal temperamento nervoso, la quasi trans, la malata di Alzheimer, si ha la sensazione che siano anche cibi scaduti del cinema.
Non che questa volta il regista di Il Ciclone non provi a trattenere le sue tradizionali palle fumanti, le battute grevi, gli eccessi da pochade, ma resta sempre rinchiuso nella ribollita toscana. Piccoli quadri rinchiusi uno sull'altro, vignette anche carine (la saggia vicina napoletana), in un gioco di campi e controcampi che favoriscono la battuta ma non la superano. L'implausibilità delle situazioni messe in gioco si può anche giustificare: in fondo nel cinema se n'è vista di peggio, perché è la superficie e il tono del racconto a renderla passabilmente accettabile. Resta la considerazione di fondo: se la commedia leggera francese, anche nei suoi toni più da pochade, riesce a superare le Alpi e anche il Manzanarre, l'involtino di Pieraccioni resta nel frigorifero di casa. La lode va al divertente gruppo femminile, da Claudia Pandolfi a Michela Andreozzi, da Caterina Murino a Gabriella Pession, che fa da controcanto all'eterno fanciullo che crede di essere cambiato ma resta in fondo sempre eguale. Come il suo cinema.
Giuseppe Ghigi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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