«Mitico quel mio disco»

Martedì 25 Settembre 2018
«Mitico quel mio disco»
L'INTERVISTA
Tre ore e mezza di strada in salita. Sul palco dell'Arena di Verona Antonello Venditti non pensava di dover affrontare tanti problemi tecnici. Prima il gobbo con i testi in tilt, poi inconvenienti al microfono e il suono, spesso, non è stato buono. L'artista ha cercato di prenderla con ironia La tecnologia è così, entra nella tua vita e fa quello che vuole e poi si è fatto il segno della croce. E così dopo aver iniziato con Raggio di luna e il Compleanno di Cristina, è stata la volta di Giulio Cesare, ma anche qui l'inghippo era dietro l'angolo.
A metà canzone c'è stato il collegamento tv con Che tempo che fa dove l'ospite era nientemeno che Francesco Totti. Tutto bene, con il volto del grande campione sugli schermi ma poi il collegamento dura più del previsto comprendendo l'ingresso in studio della Littizzetto. Poi le cose migliorano e Venditti, prima di rimanere da solo al pianoforte con Ci vorrebbe un amico e Notte prima degli esami affronta il test più difficile. «Ho scritto diverse canzoni sulle donne - spiega - ma con Marta è come se avessi lanciato un urlo di dolore».
È il momento più emozionate quando il cantante propone, caso raro, l'intramontabile Lilly. «Mi sembrava una piccola storia - commenta - ma poi è arrivata al primo posto in classifica. La droga ha distrutto una generazione». È la svolta definitiva, con l'arrivo di tutti i pezzi del celebre Sotto il segno dei pesci e con Bomba o non bomba sale sul palco Francesco De Gregori, l'amico di sempre che poi ritornerà, prima dei bis, con Attila e la stella e l'imperdibile Roma capoccia. C'è spazio anche per Che fantastica storia è la vita cantata con Ermal Meta. Il pubblico entusiasta ottiene il bis con Ricordati di me mentre Venditti viene rimproverato dallo stesso De Gregori per le lunghe introduzioni.
Verona entra nel cuore.
«È stata una serata viva come nel blues - commetta esausto - siamo riusciti a fare emergere le cose belle».
Che cosa piace di Sotto il segno dei Pesci?
«Secondo me il successo è dovuto al suo linguaggio. Un linguaggio che, nei fatti, diventa contemporaneo. Per questo motivo non sono sorpreso di ritrovarmi qui, all'Arena di Verona, a ripercorrere quei suoni del 1978».
Il lungo concerto è finito da pochi minuti e il cantautore spiega i motivi che sono stati alla base della scelta di riproporre, 40 anni dopo, tutti i brani dello storico album.
Per quale motivo il disco non sente più di tanto il segno dei tempi?
«Penso che sia dovuto all'originalità di quella proposta musicale. In tante canzoni che ho fatto, e in particolare in Sotto il segno dei pesci, il disco è una sorta di mito che racconta un mondo in cambiamento. È sempre stata una mia caratteristica. In quel disco ho raccontato di una ragazza che stava per partorire e anche dell'amore tra due donne, tema un po' particolare per quegli anni. Anche Bomba o non bomba, dove adesso nel personaggio di Firenze rivedo Renzi, ho trattato un tema delicato con ironia.
E poi il messaggio fondamentale di Sotto il segno dei pesci è l'amore e l'unità tra la gente. A ripensarci oggi dire che c'è un misto di mistero e magia».
Li reputi temi ancora attuali?
«Direi di si, ma non è stato sempre facile affrontare argomenti di attualità. In Compagno di scuola ad esempio, quando dico Compagno di niente è chiaro che avevo deciso di prendere di mira una certa sinistra. Ricordo che il pezzo fu boicottato da parecchie radio».
Che sensazione si prova a narrare la propria vita a generazioni diverse?
«Qui in Arena sono rimasto molto emozionato anche perchè il disco del 1978 è stato sentito ed apprezzato da varie generazioni. Con questo concerto ho portato la mia storia a chi c'era in quegli anni e anche alle generazioni attuali. Sono orgoglioso perchè in questa serata c'era un filo che univa gente di età diverse. Dal punto di vista musicale non è stato facile, con la band, passare da un impianto degli anni Settanta e brani più recenti».
Gianpaolo Bonzio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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