Metamorfosi di Spontini Capolavoro ritrovato

Domenica 21 Gennaio 2018
La Fenice ripensa a un proprio lontano retroterra culturale. Nella prima rappresentazione moderna delle Metamorfosi di Pasquale si coglie un ordine brioso, l'effervescenza di un (quasi) capolavoro. Il marchigiano, di formazione napoletana, Gaspare Spontini crea una farsa spigliata, una breve opera comica in un atto, genere importato appunto da Napoli a Venezia, nel teatro Giustiniani in San Moisè, ove le Metamorfosi sono state eseguite nel 1802. Nonostante il libretto convenzionale di Giuseppe Maria Foppa, Spontini si diletta ad esaltare gli intrecci amorosi, con al centro il personaggio estroverso di Lisetta, intorno alla figura comico-satirica del servo Pasquale, trasformato in nobile per un'illusione onirica.
La commedia dichiara la diffusione della lingua musicale partenopea con una maestria di scrittura che non è soltanto la ratifica di un modello. Quest'opera utilizza gli strumenti lessicali del tempo in un percorso intermedio tra Cimarosa e le farse che il Rossini esordiente creò qualche anno dopo proprio per lo stesso teatro, il San Moisè. Basti pensare alla sapienza costruttiva, rossiniana ante litteram, soprattutto dei pezzi di insieme: duetti, quartetti e un poderoso sestetto molto elaborato polifonicamente.
La regia di Bepi Morassi è ben articolata nella brillantezza dello stile buffo, sulla linea della commedia all'italiana. Prevale la caratterizzazione bozzettistica nella trasposizione novecentesca degli umori farseschi. La scenografia e i costumi, ideati dagli studenti dell'Accademia di Belle Arti, presentano sobri e originali interni borghesi, arricchiti da surreali fumetti. Il direttore Gianluca Capuano, maestro al cembalo, è una testimonianza della cosiddetta musicologia applicata: l'esecuzione nasce dalla ricerca storica. Nella compagnia di giovani spicca il protagonista, il baritono Antonio Patucelli, per l'efficacia della recitazione.
Il ruolo più complesso è quello di Lisetta, molto spinto nella tessitura acuta, che il pregevole soprano Irina Dubrovskaya affronta con qualche difficoltà ma con teatrale evidenza.
Disinvolta nel canto fiorito Michela Antenucci; garbati i due tenorini Carlo Cecchi e Gabriele Messeri.
Dunque una riscoperta significativa, dovuta al recente ritrovamento della partitura autografa, per iniziativa della Fondazione Pergolesi-Spontini, co-produttrice dello spettacolo.
Mario Messinis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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