Lo strano caso della Coopesca fantasma

Lunedì 16 Luglio 2018
Lo strano caso della Coopesca fantasma
CHIOGGIA
Cosa sta accadendo alla Coopesca? Gli uffici di calle Gradara risultano chiusi ormai da tre mesi. Alcuni impiegati si sono trovati un altro lavoro. Altri sarebbero tuttora disoccupati. La cooperativa, fondata nel 1932, mantiene comunque alcuni servizi marginali al Mercato ittico. Intanto, per il disbrigo delle pratiche di bordo, buona parte degli iscritti è migrata verso altre organizzazioni oppure si è rivolta a studi commercialistici privati. Se ne è andato anche il direttore Alberto Corrieri, per lunghi anni portavoce di primissimo piano dell'ambiente peschereccio. Intanto, dagli ex dipendenti, praticamente non trapela nulla. Fino a ieri, l'associazione non risultava fallita, così come invece asserivano alcuni pescatori. Tutto, comunque, lascia presumere che la storica organizzazione sindacale degli armatori, da sempre impegnata soprattutto nella tutela dei diritti dei pescatori costieri e lagunari, stia vivendo un momento davvero critico.
Comunque sia, la Coopesca rientra nell'elenco delle cooperative la cui sopravvivenza è messa a repentaglio da un grossolano errore commesso dal Governo nel 1995. Nel complesso, le organizzazioni chioggiotte (escluse quelle fondate dopo l'esplosione del caso) dovrebbero restituire al fisco la bellezza di quattro milioni di euro. Il caso esplose inatteso quando, nel 1999, la Commissione europea s'accorse che le agevolazioni concesse agli armatori, dal 1995 al 1997, risultavano incompatibili con la normativa comunitaria. Furono riconosciute come aiuti di Stato del tutto illegittimi. Messo alle strette da Bruxelles, lo Stato si rivolse, allora, all'Inps affinché imponesse la restituzione di quel che esso stesso aveva elargito, per un triennio, a partire da appena quattro anni prima. Il fisco, all'epoca, si sarebbe accontentato della restituzione dell'importo base: circa due milioni. Nel frattempo, preso atto dell'ineluttabilità del provvedimento, le organizzazioni pescherecce erano già corse ai ripari, escogitando soluzioni d'emergenza, oppure indebitandosi con le banche. Contavano di cavarsela, seppur a costo di qualche sconquasso, restituendo poco più dell'importo complessivo dei benefici percepiti. Pareva, dunque, che il problema fosse in via di risoluzione. Nel 2012, però, nuove norme imposero il blocco di ogni forma di compromesso.
Roberto Perini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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