La Terra si è ribellata e noi, impotenti, ci siamo trovati per l'ennesima volta

Domenica 9 Dicembre 2018
La Terra si è ribellata e noi, impotenti, ci siamo trovati per l'ennesima volta ad essere spettatori di una narrazione di catastrofi ambientali che hanno colpito tutta l'Italia. Undici regioni piegate dal maltempo hanno chiesto aiuto allo Stato. Un atto formale ma dietro a quelle richieste di aiuto c'è la sofferenza di tanti territori e la disperazione di donne e uomini delle nostre città che hanno perso tutto per colpa di una natura spesso vittima della nostra incuria o, peggio ancora, delle nostre sopraffazioni.
Quei giorni di fine ottobre resteranno indelebili nelle nostre menti. Lo scenario che si è presentato davanti agli occhi del mondo intero era desolante. Mareggiate hanno spazzato via strade e porti in Liguria. I fiumi sono esondati a Palermo e i forti venti hanno scoperchiato case in Trentino e falciato alberi nelle nostre città causando ingenti danni a Roma e a Napoli. Ed ancora ponti caduti come quello sull'Adda in Lombardia e onde, alte fino a sette metri, che si sono abbattute sulle coste della Toscana. Tante tragedie che noi sindaci siamo sempre pronti ad affrontare in prima linea, con quei pochi poteri che abbiamo, per essere al fianco dei nostri concittadini in difficoltà.
Ma la ferita, che a fatica si rimarginerà, è quella inferta al nostro Veneto. Un'ondata di distruzione che, impietosa, si è abbattuta sullo splendore di Venezia e sulle nostre montagne dove migliaia di alberi sono caduti come fossero bastoncini dello shangai.
Forse tra cento anni i nostri nipoti potranno tornare a godere di quei boschi, di quello spettacolo della natura che rendeva uniche le nostre Dolomiti. Ma come Veneti non ci siamo piegati. Con orgoglio ci siamo rimboccati le maniche, ognuno secondo le proprie possibilità e, senza aspettare aiuti o sostegno da altri, abbiamo dimostrato di lavorare per aggiustare ciò che la forza dirompente di acqua e vento avevano distrutto. Chi lo ha fatto con la pala, chi con la ruspa, chi con la motosega e chi, con un gesto di grande solidarietà, ha fatto una donazione per il sostegno dei nostri concittadini che si trovano in un momento di straordinaria difficoltà.
In quei giorni a Venezia in poche ore è riaffiorato in tutti noi il ricordo del 4 novembre del 1966, quando l'Aqua Granda, travolse la città. Come allora un forte vento di Scirocco soffiava su Venezia e dalle montagne una grande quantità d'acqua veniva trasportata dai fiumi verso il mare. L'altro giorno la marea è salita fino a 157 centimetri sopra il livello medio del mare e ha allagato calli e campielli, fondamenta e campi senza risparmiare la Basilica.
Mentre, nel bel mezzo dell'emergenza, ero in Piazza San Marco con gli stivaloni alti e l'acqua continuava a salire, ho voluto che le più alte cariche dello Stato fossero informate di quello che stava accadendo. Ho parlato con il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con il premier Conte, con i Ministri Salvini e Toninelli, e con il Capo della Protezione civile, Angelo Borrelli. Da parte loro ho percepito una sincera vicinanza alla nostra Città. Ora però servono i fatti.
I nostri alibi, davanti a questi scenari, non possono più reggere. In questa circostanza il buon Dio ha ascoltato le preghiere dei Veneziani e ha protetto la Città, ma non si può continuare a sperare che il Cielo agisca per colmare le colpevoli lacune dell'uomo.
È per questo che dobbiamo rimboccarci le maniche per trovare assieme le soluzioni per salvaguardare il nostro territorio. Venezia ha sempre dimostrato di essere una città resiliente capace di trasformare le sue difficoltà in occasioni di riscatto. Questo però non deve diventare una scusa per far finta di nulla e voltarsi dall'altra parte.
Anche ieri la Città ha voluto fare la propria parte. Alla Fenice, per la prima volta nella storia, sono entrati a cantare i cori di montagna per il concerto di beneficenza Musica per le nostre Montagne curato da Bepi de Marzi che ha permesso di raccogliere oltre 45 mila euro. Il teatro era stracolmo. Venezia, nella sua concezione serenissima di Stato da Mar e Stato da Tera, ha voluto tendere una mano. Lo ha fatto concretamente e non con sterili parole di circostanza di cui nessuno ha bisogno.
Le istituzioni nazionali devono fare in modo di sostenere questa terra e la presenza, ieri sera, del Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, è sicuramente un messaggio positivo che merita di essere sottolineato.
Dobbiamo procedere trasversalmente superando le obiezioni di quelli che fanno parte del partito del No a tutto. Queste persone non possono bloccare il futuro del nostro Paese. Dobbiamo smettere di demonizzare le grandi opere, il settore delle costruzioni e in generale tutta la tecnologia che invece sono proprio i nostri migliori alleati se utilizzati, con cognizione di causa, per tutelarci dagli eventi disastrosi sempre più frequenti dovuti ai cambiamenti climatici. A Venezia, per esempio, il Governo deve completare il Mose e anche con una certa urgenza!
Immagino una sorta di alleanza a carattere nazionale per affrontare i problemi legati ai cambiamenti climatici e alla messa in sicurezza del territorio; Venezia può essere il simbolo di un'Italia che accetta la sfida e si mette in prima linea per trasformare le terribili immagini di distruzione in un'opportunità di riscatto.
Io, come padre, sono convinto che, assieme, ce la possiamo fare: lo dobbiamo al futuro dei nostri figli.
Come italiano me lo aspetto, perché lo Stato deve far sentire la propria presenza soprattutto nei momenti di difficoltà.
Come Sindaco, voglio crederci perché ho stretto un patto con i miei concittadini per la difesa di Venezia e mi batto ogni giorno per onorarlo.
Dalla Fenice, ieri sera, si è alzato un coro di solidarietà. L'Italia guardi al Veneto, a Venezia e all'orgoglio di tanta gente che ha dimostrato, anche in questa occasione, di essere presente!
*Sindaco di Venezia
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