La seminatrice di labirinti

Domenica 18 Febbraio 2018
La seminatrice di labirinti
IL PERSONAGGIO
Il labirinto come metafora della vita ma anche come elemento di abbellimento del paesaggio e arricchimento dei luoghi della memoria. Flavia Pastò è una giovane architetto. Padovana ma residente a Jesolo, dal maggio scorso è anche l'assessore al turismo della località balneare. Nel 2011 assieme all'architetto Matteo Sbalchiero e all'agronomo Marco Tosato di Padova, ha progettato il labirinto intitolato allo scrittore argentino Jorge Luis Borges. Un luogo visitato da milioni di turisti da tutto il mondo, un simbolo, un'attrazione per l'isola di San Giorgio a Venezia e per la Fondazione Cini che lo ospita.
OMAGGIO A BORGES
Borges fece del labirinto e dell'allegoria che esso rappresenta nella vita dell'uomo, uno dei simboli più ricorrenti nei suoi scritti. Negli ultimi anni della sua vita, pur non vedente, si faceva comunque accompagnare ogni anno dalla moglie nella città lagunare perchè era una sua grande passione, una musa ispiratrice. Alla sua morte Maria Kodama, vedova dello scrittore, decise di far dedicare al marito questo giardino, nella città tanto amava, ispirato ad uno dei suoi più celebri racconti The garden of Forking Parths, come omaggio alla sua vita e alla sua poesia.
METAFORA DELLA VITA
Il disegno originario è dell'artista inglese Randoll Coate, grande amico dello scrittore, che ne aveva già realizzato un primo esempio in Argentina, nella tenuta di Los Alamos a Mendoza. Il progetto veneziano, portato avanti dall'architetto Matteo Sbalchiero e dall'agronomo Marco Tosato di Padova, con la collaborazione dell'architetto paesaggista Flavia Pastò, si rifà proprio a questo disegno, cercando però di adattarne le proporzioni planimetriche all'area su cui sarebbe dovuto sorgere.
TREMILA PIANTE DI BOSSO
«Collocato all'interno della Fondazione, in posizione centrale rispetto all'intera isola, il labirinto forma una sorta di terzo chiostro vegetale in linea con gli altri due, che caratterizzano gli spazi dedicati al passeggio e alla riflessione nell'ex complesso benedettino spiega la stessa Pastò -. Il disegno a terra rappresenta il nome Borges specchiato e inscritto in una cornice, e realizzato con 3250 piante di Buxus sempervirens, potate ad un'altezza di 75 cm per non creare effetti claustrofobici e zone d'ombra tra esse, formando un sentiero largo appena 75 cm e lungo 1,5 km». Una passione quella per il paesaggio e per la progettazione di giardini e labirinti che l'architetto padovano ha maturato ai tempi dell'università. «Quando mi sono laureata in architettura sentivo che mi mancava qualcosa. E dopo aver scelto la laurea specialistica per il paesaggio mi si è aperto un mondo. Ho deciso di approfondire questa conoscenza con un master alla facoltà di agraria a Biella con indirizzo per la progettazione del paesaggio e le aree verdi. Ho conosciuto docenti giapponesi, della Nuova Zelanda, garden designer, provenienti dalla Germania e anche degli italiani e mi hanno fatto innamorare di questo mondo. Poi l'approdo allo studio di Padova a cui è stata commissionato il labirinto della Fondazione Cini».
IL LABIRINTO DI MAIS
Il labirinto di Borges come punto di partenza. Poi lui ha iniziato a camminare da sola. «Il progetto dell'isola di San Giorgio mi ha dato notorietà in questo campo e tre anni fa mi è stato affidato l'incarico di progettare il labirinto di mais a Jesolo. Giocavo in casa e questo mi esaltava ma anche mi responsabilizzava di più. Il giardino, era costituito da 5 labirinti con differenti disegni e un crescente livello di difficoltà, è stato costruito seguendo quindi il calendario agricolo, con la semina di quasi 500 mila chicchi di mais collocati a terra secondo una doppia griglia ortogonale.
DISEGNI DI MARE
Si trattava di 5 percorsi, lunghi 6 km che si snodavano tra le pannocchie, disegnando le figure di animali marini come il polipo, i pesci e il nome della città di Jesolo. Lo scopo era ovviamente quello di trovare la via d'uscita il più velocemente possibile, orientandosi grazie all'intuito, alla tecnica e alla creatività, proprio come nei labirinti classici». Labirinti, come ne nasce uno? «Si parte ovviamente dal disegno. Deve essere sia esteticamente bello che funzionale. Il percorso non troppo banale. Serve, però, uno studio tanto accurato. Io, di solito, procedo facendo degli schemi e provo a vedere in quanto tempo si può percorrere il labirinto, a vedere se la strada è giusta e sbagliata. Ogni progetto nasce da un'influenza, da un viaggio, da una richiesta, dall'esigenza di adeguarsi al paesaggio e all'ambiente nel quale il progetto che realizzo deve venire inserito. Prima di iniziare ho studiato e visitato tanti labirinti. Partendo da quelli sotto casa delle ville venete. O dei giardini delle monete di Cnossos a Creta. L'ultimo passaggio è il materiale: a me piace utilizzare le piante autoctone, locali ed ho una predilezione per graminacee, arbusti che vengono utilizzati da tanto tempo; hanno bisogno di scarsa manutenzione e levigazione. Un labirinto ha un costo non solo di realizzazione ma anche di manutenzione e di questo bisogna tenerne conto nel momento in cui lo si progetta».
LUOGO DI MEMORIA
Il labirinto di Borges è anche un luogo della memoria e proprio il tema dei luoghi della memoria ha ispirato l'architetto Pastò per realizzare un libro dal titolo Le pietre sanno parlare (Il Prato Editore). «Un lavoro di tre anni legato ai retaggi storici e culturali della memoria. Il mio lavoro è stato quello di raccontare, per la quasi totalità dopo averli visitati e fotografati, i luoghi del ricordo e della memoria contemporanei e provare ad individuare quali siano le principali forme compositive e che favoriscono la condivisione delle sensazioni e delle emozioni legate al contesto di un memoriale. Sono stata in America, in Africa e in Israele oltre che in Europa e Italia.
UN LABIRINTO DI PIETRE
Le pietre raccontano la storia del luogo e delle persone se noi riuscissimo ad ascoltarle attentamente. Un esempio di questo sono le pietre d'inciampo a Milano come a Venezia. Una sorta pure questo di labirinto e memoriale diffuso in una città: bisogna cercarle, scegliere la via e scoprire la storia di queste persone. Chi è più sensibile le percepisce. Invitano a riflettere, a porsi delle domande». L'architetto Pastò a cosa lavorerà in futuro? «Ho ricevuto molte richieste per ridisegnare e riprogettare dei giardini, anche con dei piccoli labirinti. Richieste che arrivano soprattutto dalla Germania dove la cultura del paesaggio e del verde, anche quello di casa, è un concetto estetico che viene prima anche della stessa abitazione. Ma il mio è un lavoro di continua scoperta, conoscenza e sperimentazione».
Raffaele Rosa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci