La Scortecata, Emma Dante nel Seicento napoletano

Venerdì 15 Febbraio 2019
TEATRO
Dal racconto del capostipite del Seicento Napoletano - autore di Lo cunto de li cunti - Emma Dante inventa uno spettacolo che, attraverso un lavoro sulla lingua partenopea, indaga il tema della bellezza e dell'accettazione della vecchiaia. La regista, che ha fatto del dialetto siciliano una lingua teatrale contemporanea, amata in Italia e in Europa, con La Scortecata torna alla scrittura e alla regia con la sua compagnia Sud Costa Occidentale. Muovendo dall'opera di Basile, che prendendo spunto dalle fiabe popolari crea un universo affascinante e sofisticato nella sua bassezza, lo spettacolo porta in scena un mondo di espressioni gergali, proverbi e invettive popolari che producono forme teatrali sospese tra i lazzi della commedia dell'arte e i dialoghi shakespeariani. La scortecata narra dunque la storia di un re che s'innamora della voce di una vecchia, la quale vive in una catapecchia insieme alla sorella più vecchia di lei. Il re, gabbato dal dito che la vecchia gli mostra dal buco della serratura, la invita a dormire con lui. Ma dopo l'amplesso, accorgendosi di essere stato ingannato, la butta giù dalla finestra. La vecchia non muore ma resta appesa a un albero. Da lì passa una fata che le fa un incantesimo e diventata una bellissima giovane, il re se la prende per moglie. All'altra sorella, nel tentativo di ritrovare anche lei la freschezza di una pelle giovanile, non rimarrà che farsi scorticare a morte.
DAL SICILIANO AL NAPOLETANO
Il testo - riscritto da Emma Dante, che per la prima volta abbandona il siciliano per esplorare la lingua napoletana indaga il tema della bellezza e dei suoi paradossi attraverso una favola intrisa di umorismo e una buona dose di trivialità. Nella versione della Dante le due vecchie sole e brutte (interpretate come da tradizione da due uomini, Salvatore D'Onofrio e Carmine Maringola) si sopportano a fatica. E alla fine la più giovane, novantenne, chiede alla sorella di scorticarla per far uscire dalla pelle vecchia la pelle nuova. La morale di Basile è cruda: Il maledetto vizio delle femmine di apparire belle le riduce a tali eccessi che, per indorare la cornice della fronte, guastano il quadro della faccia; ma, se merita biasimo una fanciulla che troppo vana si dà a queste civetterie, quanto è più degna di castigo una vecchia che, volendo competere con le figliole, si causa l'allucco della gente e la rovina di se stessa.
Giambattista Marchetto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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