LA RICERCA
Non poteva che nascere a Trieste, Bobi Bazlen. Il genio dell'editoria

Domenica 21 Gennaio 2018
LA RICERCA
Non poteva che nascere a Trieste, Bobi Bazlen. Il genio dell'editoria italiana dello scorso secolo, l'inquieto intellettuale che intuì prima degli altri la portata di Musil o di Kafka. Pare dirci questo Bobi Bazlen. L'ombra di Trieste (La Nave di Teseo, pag. 336, euro 19,00) della scrittrice friulana Cristina Battocletti. Certo si è formato nel cosiddetto crogiolo di culture, almeno nell'immaginario collettivo, anche se Bazlen vive in un momento in cui la frontalità tra una razza e l'altra è netta, la città è culturalmente vivace ma storicamente oppressa. Insomma, forse è proprio di questi ossimori che il carattere di Bazlen si è alimentato, compreso quel senso di mancanza che lo porterà sempre a muoversi, andare e venire da una città all'altra.
NEL CUORE DI TRIESTE
Si potrebbe dire che la storia che attanagliava il confine, è stata anche il carburante di tanti altri autori triestini, stimolati da quell'identità smarrita che ha fatto (anche) la fortuna di certa creatività, un passo avanti rispetto al resto d'Italia, come fu per Italo Svevo. Ma Bobi Bazlen, come ce lo racconta Battocletti, pare una personalità più complessa e, se possibile, ancora più ossimorica. A partire dall'essersi costruito una fama di scrittore senza scrivere, come ha osservato Claudio Magris. O dalla sua intensa nostalgia per un luogo da cui prenderà definitive distanze, pur sperando di tornarci, soprattutto negli ultimi anni.
La trama della sua vita e della sua arte è articolata. Ed è una fortuna che a scriverla sia stata una narratrice, capace cioè di sciogliere i nodi, montare una struttura quasi romanzesca, evidenziare gli sforzi di Bazlen per aiutare molte persone, accompagnare il lettore in tante verità, per esempio il suo ruolo nella scoperta di Svevo (di cui spesso si è messo in dubbio il primato), soprattutto la sua determinazione a compiere quella che potremmo definire: giustizia estetica, che infine corrisponderà a un nome, Adelphi, tra le poche case editrici che oggi giorno si possono permettere atti del genere, estetici appunto. La fondò Bazlen con Luciano Foà nel 1962. Un sogno che ancora oggi sopravvive. Difficile crederlo, tali individui non alimentano il genio altrui, non promuovono gli altri con una forza che non hanno mai usato per se stessi. Ma il testo riporta anche tante dichiarazioni di quanto fosse amorevole nei confronti di molte persone decenti, civili, come le chiamava lui, procurando lavoro a chi ne aveva bisogno, passando ore e ore al telefono con gli amici per confortarli, dando spazio agli altri senza pensare a se stesso. Il volume, difficilmente catalogabile si struttura soprattutto con dei focus sugli autori a lui più vicini, da Montale a Quarantotti Gambini, Svevo, Mattioni e naturalmente Saba, anche se dal confronto non ne esce certo come un poeta lirico,
Mary Barbara Tolusso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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