LA META
Regnano pace e bellezza, oggi, nei luoghi della grande sconfitta italiana.

Giovedì 19 Ottobre 2017
LA META
Regnano pace e bellezza, oggi, nei luoghi della grande sconfitta italiana. La strada che sale da Cividale del Friuli al confine zigzaga tra i boschi colorati di rosso e oro dall'autunno, entra in territorio sloveno, poi scende verso l'Isonzo. Siamo a duecento metri sul mare, nel cuore di un paesaggio di montagna. In alto, già imbiancate di neve, si alzano le vette delle Alpi Giulie e del Krn, il Monte Nero degli alpini. Prima del fiume, e delle sue acque straordinariamente limpide, si raggiunge il borgo agricolo di Kobarid. Nelle mappe austriache figura con il nome di Karfreit. Gli italiani la chiamano Caporetto.
SPORT E DINTORNI
Cento anni fa, il 24 ottobre 1917, in questa valle si consuma la più terribile disfatta che un esercito di soldati italiani abbia subito in tutti i tempi. I 12.000 morti, i 30.000 feriti, i 294.000 prigionieri e i 400.000 sbandati fanno impallidire il ricordo di Canne e di Adua.
Da allora, nella lingua italiana, la parola Caporetto viene applicata a catastrofiche sconfitte nella politica e nello sport. Le terribili accuse lanciate dal generale Cadorna ai soldati, e le fucilazioni sommarie raccontate da Ernest Hemingway rendono la macchia sulla coscienza nazionale ancora più nera.
Oggi la valle dell'Isonzo, Soa per gli sloveni, è prima di tutto un luogo di sport. In estate ci si tuffa nel fiume nelle piscine naturali di Kanal, e i colori dei parapendii riempiono il cielo. Gli alpinisti frequentano le pareti del Triglav in estate, e le falesie affacciate sul fiume tutto l'anno. D'inverno si scia sulle piste di Bovec, e i boschi offrono passeggiate con le ciaspole. Dalla primavera all'autunno riempiono l'Isonzo gli appassionati della canoa, uno sport che in Slovenia è una malattia nazionale, e che attira praticanti da tutta Europa. Altrettanto lunga è la stagione della bici.
Chi preferisce i sentieri punta verso i rifugi del Parco Nazionale del Triglav, o sale ai 2677 metri del Mangart, che si affaccia a nord su Tarvisio. Poi, quando il clima diventa più freddo, ci si abbassa di quota. Il Pot Miru, il Sentiero della Pace, un bel trekking di tre o quattro giorni, è ideale anche nelle belle giornate d'autunno. Si parte dal tunnel minerario Kaiser Franz, che ha visto transitare nel 1917, senza che gli italiani se ne accorgessero, i battaglioni austriaci e tedeschi diretti al fronte. Più a valle è la fortezza di Klue, costruita nel 1882-'83 al posto di un castello veneziano.
ITINERARI
Il Pot Miru sale alle trincee restaurate del Kolovrat, che offrono panorami e ricordi. Altri sentieri portano sul Matajur, la cima più frequentata del Friuli. Da qui l'Isonzo compare come su una mappa, e completano il panorama le Dolomiti, le Alpi Carniche, l'Adriatico e l'Istria.Sui crinali del Mrzli e del Kolovrat, gli escursionisti di oggi seguono le tracce di un tenente famoso. Si chiamava Erwin Rommel, nel 1917 aveva 26 anni, e comandava trecento soldati del Gebirgsbataillon del Württemberg. In due giorni avanzò per venti chilometri, catturò 9000 soldati e ufficiali italiani, divenne una figura mitica. Un quarto di secolo dopo, in Africa, avrebbe comandato a El Alamein migliaia di italiani.
Dalle case di Caporetto/Kobarid, si sale al Sacrario militare italiano, inaugurato nel 1938 da Benito Mussolini, dove riposano 7000 caduti. Offre emozioni diverse il Kobariki Muzej, il Museo di Caporetto, realizzato nel palazzo che nel 1917 ospitava il tribunale militare italiano. Visitato da 60.000 persone ogni anno, è stato premiato dal Consiglio d'Europa per il suo impegno a favore della pace.
Commuovono le foto degli alpini che pregano prima di essere mandati in battaglia, le croci dei cimiteri di guerra, le lettere a casa dei combattenti, la porta di un carcere militare. «Il nostro non è un museo della guerra, ma dell'uomo e del suo dolore - spiega Branko Marusic - Non è un museo della vittoria e della gloria, della conquista e della vendetta, del revanscismo o dell'orgoglio nazionalistico. In prima fila sta l'uomo, che ripete la frase maledetta guerra! ad alta voce o tra sé e sé, in tutte le lingue del mondo».
Stefano Ardito
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