La marchesa e il suo ghepardo

Domenica 9 Dicembre 2018
La marchesa e il suo ghepardo
IL RACCONTO
Se ne andava a spasso per piazza San Marco con un ghepardo al guinzaglio, accompagnata da un gigantesco domestico africano che, all'inizio del Novecento, suscitava non poca ammirazione. Un giorno arrivò avvinta in una preziosa e avvolgente pelliccia entrò al caffè Florian e se la tolse; sotto era completamente nuda. Rimase così, in piedi, e in versione naturista sotto gli sguardi attoniti di avventori e passanti. Grande fu lo sbigottimento e i gondolieri del vicino stazio del Molo accorsero in massa per ammirare lo spettacolo. Lei era la marchesa Luisa Casati, soprannominata Corè da Gabriele d'Annunzio che non poteva non essere uno dei suoi svariati amanti. Lei è una delle tre protagoniste del libro Il palazzo incompiuto. Vita, arte e amori di tre celebri donne a Venezia, pubblicato da Edt e scritto da Judith Mackrell, una giornalista e critica di danza inglese che scrive per il quotidiano The Guardian (la traduzione è di Anna Lovisolo). Le altre due sono Lady Doris Castlerosse e, ovviamente, Peggy Guggenheim, le tre inquiline che hanno trasformato Ca' Venier dei Leoni, il palazzo incompiuto in uno dei luoghi più celebri e importanti di Venezia.
RICCHISSIMA
Cosa quel palazzo sia oggi lo sappiamo bene: sede di una delle più importanti collezioni di arte contemporanea del mondo e museo tra i più apprezzati della città. Come sia arrivato a essere quel che rappresenta, invece, ci è meno chiaro,. Ed è una storia bellissima e affascinante di tre donne e della loro casa veneziana. Luisa Amman, figlia di un industriale ebreo austriaco, proprietario di un cotonificio a Pordenone, si sposa nel 1900 con il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino e da quel momento diventerà nota come la marchesa Casati (la villa di famiglia, ad Arcore, sarà comprata nel 1974 da Silvio Berlusconi, che riuscì a sborsare 200 milioni di lire per un valore stimato di 1 miliardo e 700 milioni; mediatore l'avvocato Cesare Previti). Luisa nel 1910 acquista Ca' Venier dei Leoni, al tempo ridotta a un rudere, e fino al 1924 ne fa la sua residenza veneziana; nel 1914 si separa dal marito anche se ormai i due da anni non vivevano più assieme.
ESUBERANTE IN TUTTO
La Casati è ricchissima poiché ha ereditato la fortuna dei genitori, nel frattempo morti, si trasforma in un'eccentrica collezionista e mecenate d'arte. Dà ricevimenti fantastici nei quali veste costumi disegnati apposta per lei dai più celebri artisti dell'epoca: «Voglio essere un'opera d'arte vivente», dice (al che si capisce come abbia potuto sperperare le proprie fortune e morire quasi indigente, nel 1957, a Londra). Memorabile quando, nel 1913, si presenta a un ricevimento nell'ambasciata d'Italia a Parigi vestita d'oro, accompagnata da domestici seminudi verniciati d'oro e con un pavone al guinzaglio. A Venezia utilizza l'intera piazza San Marco per dare feste da ballo e impedisce l'ingresso ai non invitati grazie a omoni africani vestiti di rosso e uniti l'uno all'altro da catene d'oro.
SCIMMIE E BOA IN GIARDINO
Dopo aver acquistato Ca' Venier «ne comincia una meticolosa ristrutturazione interna. Ogni stagione fa trasferire un intero pavimento in marmo bianco e nero dalla sua villa di Roma, popola il giardino di animali insoliti: un ghepardo, merli albini ai quali fa colorare le piume a seconda dell'estro del giorno, scimmie, pappagalli, gattopardi, tigri e un boa constrictor fedele compagno dei suoi viaggi» riporta Verena Mantovani nell'Enciclopedia delle donne. La stessa Mackrell a proposito di un ricevimento nel palazzo sul Canal Grande scrive: «Sopra il tetto scintillava un alone di luce dorata, dal giardino si udiva provenire della musica e sulla grande terrazza che dava direttamente sull'acqua era in corso una spettacolare scena di benvenuto. Ai lati dei gradini di approdo c'erano due africani alti quasi due metri vestiti da schiavi nubiani: uno dava un colpo dio gong per annunciare le barche in arrivo, l'altro gettava limatura di metallo in un braciere, facendo salire scintille di luce bianca nel cielo notturno. Un po' più indietro c'era la padrona di casa, una donna alta e sottile vestita da principessa persiana, con un diafano costume argenteo e dorato. Stava davanti a un ampio e basso catino colmo di tuberose, e mentre accoglieva gli ospiti non pronunciava parole di benvenuto né sorrideva in segno di riconoscimento, ma si limitava a chinarsi e a porgere a ciascuno un fiore. Mentre lei se ne stava silenziosa e seria tra le tuberose, quella sera di settembre sbarcavano dalle gondole uomini e donne che erano nobili rappresentanti del bel mondo in pantaloni alla turca, pittori di mezza età con turbanti e barbe finte, un colorato e impacciato assortimento di schiave, pascià e corsari dagli alti stivali». Questo ricevimento data all'estate che precede la Grande Guerra, dopo il bagno di sangue niente e nessuno sarà più come prima.
L'ATTENDENTE CON IL TURBANTE
L'autrice riferisce nel libro il racconto di un testimone oculare di una delle prime uscite della marchesa in piazza San Marco: «I turisti estivi seduti a bere nel dehors del Florian, i venditori ambulanti e le donne del posto con lo scialle e gli zoccoli ammutolirono tutti quanti sbalorditi. Era vestita con un'opulenza insolita per la stagione, con una cappa rossa e oro di Fortuny, con un cappello di pelliccia e delle lunghe collane d'oro; l'accompagnava l'alto Garbi in turbante, che con una mano teneva al guinzaglio il ghepardo mentre con l'altra stringeva il parasole di piume di pavone che riparava la sua signora dagli ultimi raggi di sole». Se invece la passeggiata in piazza era notturna, il servitore reggeva una fiaccola in modo che il volto di Luisa Casati riuscisse illuminato dal riverbero tremulo della fiamma.
LE ALTRE INQUILINE
Del trio di padrone di casa descritte nel libro senz'altro in Italia la meno nota è Lady Doris Castlerosse, al secolo Doris Delevingne, prozia della supermodella e attrice britannica Cara Delevingne. Come Luisa e Peggy, pure lei è una mangiatrice di uomini (e non solo). Si racconta che il suo motto fosse: «Non esistono uomini impotenti, ma solo donne incompetenti». Fedele a questo stile di vita, si porta a letto i due Churchill (il padre Winston e il figlio Randolph), il celeberrimo fotografo gay Cecil Beaton nonché la moglie lesbica dello scrittore americano Richard Sanford Hofmann. Comprava le proprie scarpe a Roma, ne ordinava 200 paia per volte perché si rifiutava di indossarle più di tre-quattro volte. Anche lei si impoverì, e si suicidò a 42 anni.
Il ricordo di Peggy Guggenheim, morta nel 1979, è ancora vivo in molti veneziani di mezz'età. Piace ricordare che è stata l'ultima persona ad avere una gondola propria e un gondoliere de casada: con lei è finita un'epoca durata svariati secoli.
Alessandro Marzo Magno
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci