La follia totale di Licini

Domenica 23 Settembre 2018
La follia totale di Licini
L'ALLESTIMENTO
Per definire la sua complessa personalità potrebbe bastare la citazione del titolo della raccolta dei suoi scritti sull'arte: Errante, Erotico, Eretico. Parliamo di Osvaldo Licini (Monte Vidon Corrado 1894-1958), una delle figure più originali e affascinanti dell'arte italiana del XX secolo, al quale la Fondazione Guggenheim dedica da oggi (fino al 14 gennaio) una grande mostra antologica dal curioso titolo Che un vento di follia totale mi sollevi, curata da Luca Massimo Barbero. Una bella mostra di Licini era già stata presentata a Venezia nel 1988, alla Bevilacqua La Masa a San Marco. L'opera di Osvaldo Licini va letta necessariamente per periodi storici, partendo dagli esordi figurativi, pervasi da una sorta di delicata ingenuità esecutiva. Per giungere verso alla fine degli anni Dieci ad una prima maturità dopo il suo mitico viaggio a Parigi dove aveva scoperto Modigliani e Matisse. E pervenire infine, all'inizio degli anni Trenta, ad una lirica visione astratta acquisita nella frequentazione di artisti come tra gli altri Fontana e Melotti.
IDEE IN LIBERTÀ
In particolare questi ultimi due dei quali, non a caso, vengono esposte in mostra alcune sculture di assoluta libertà ideativa. Pur manifestando, anche in questo momento, una sua personale visione inoggettiva mai prigioniera del rigore della geometria ma, al contrario, caratterizzata da una sorta di surrealismo lirico fatto di linee spezzate, curve inattese, spazi sorprendenti, cioè di una coinvolgente ed instabile leggerezza. «Dimostreremo che anche la geometria può esprimere sentimenti», dichiarava egli stesso del resto, ed è evidente a questo proposito l'assonanza ideale all'opera di Paul Klee. Giungendo negli anni Quaranta e Cinquanta al recupero di una figurazione che sembra esistere all'interno di spazi irreali, dando vita ai suoi fantastici Angeli ribelli e alle sue enigmatiche Amalassunte. La rassegna potrebbe comunque avere come punto di partenza l'intenso autoritratto giovanile del 1913, ma, per segnalare esempi della piena maturità in mostra basterà citare l'Amalassunta del 1946, una sorta di regina del cielo segnata peraltro dall'apporto di numeri dal forte valore simbolico; o anche Angelo ribelle con cuore rosso del 1953, una figura fantastica dallo spessore si potrebbe dire sovrannaturale.
NELLE MARCHE
Va rimarcata anche in questa occasione il particolare rapporto di Licini con la cittadina di Monte Vidon Corrado nelle Marche, dove è nato e dove ha sempre vissuto, divenendone anche sindaco, e dove tuttora è attiva una fondazione a suo nome, isolato e per certi versi segreto, lontano dai clamori e dalle ambiguità dell'ambiente ufficiale dell'arte. Che ne riconoscerà però clamorosamente la grandezza quando nel 1958, due mesi prima della morte, assegnandogli il Gran Premio per la pittura alla Biennale di Venezia. Consegnando alla storia dell'arte un personaggio famoso ma tuttora poco conosciuto, protagonista dell'arte delle forme e dei colori o, infine, ha rimarcato il curatore nella sua presentazione, un autentico poeta della pittura.
Enzo Di Martino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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