L'uomo che parla agli alberi

Giovedì 19 Luglio 2018
L'uomo che parla agli alberi
LA STORIA
L'appuntamento è a Villanova di Fossalta di Portogruaro, sotto la grande quercia, soprannominata La Vecia. Appellativo meritatissimo perché ha oltre 600 anni ed è la più antica del Veneto. Pietro Maroè, invece, dimostra meno dei suoi 25 anni, volto pulito da ragazzino, fisico asciutto e minuto, muscoli da scalatore. Non arrampica montagne, ma alberi. È uno dei più famosi tree-climber italiani, gli uomini che scalano le cime degli alberi solo con le funi per non danneggiare la pianta. Uno stile di vita, una filosofia, che Pietro applica con rigore. Parlare con lui significa vedere il mondo da un'angolatura diversa: quella dei vegetali. E la scelta del luogo per l'incontro non è certo casuale. «Questa pianta la conosco da quando ero bambino, ci venivo con mio padre. Purtroppo la sua sopravvivenza ora è a rischio. É attaccata da una colonia di cerambici (Cerambyx Cerdo), un insetto rarissimo inserito nell'elenco delle specie superprotette, che vive solo nei tronchi di alberi vecchi. É un paradosso: insetto e questa quercia sono superprotetti, sono condannati a vivere in simbiosi, ma si tratta di un'unione che può essere mortale. Io sto facendo il possibile per salvare entrambi. Se morirò prima di questo albero potrò dire di avere dato un senso alla mia vita».
TRA LE CHIOME VERDI
Parole forti. Maroè vive per gli alberi. Lo ha spiegato bene nel libro che ha scritto per Rizzoli La timidezza delle chiome. Dobbiamo imparare la lezione delle piante. «I vegetali rappresentano il 97,3 della massa vivente della terra. Agli animali resta appena il 2,3 per cento. L'uomo conta per uno 0,01 per cento, eppure si crede il padrone dell'universo. In realtà la natura può fare a meno dell'homo sapiens. Se l'uomo sparisse domani dalla terra gli alberi potrebbero continuare a vivere e anche meglio di oggi. Ma se sparissero gli alberi, l'uomo sarebbe morto. La nostra specie sta suicidandosi, ma non ce ne rendiamo conto». Quando parla Pietro si infervora e dalle sue parole traspare l'amore per tutte le piante. Esseri viventi con cui lui comunica. Si arrampica dentro l'incavo della vecchia quercia, la accarezza, la saluta. Nessuno pensi che sia matto. Non è un Mowgli, uscito dal Libro della giungla. É una persona colta, educata, timida come i suoi alberi, con una sensibilità straordinaria.
IN DIFESA DELL'AMBIENTE
Si commuove quando racconta di piante che ha dovuto abbattere, l'ultima cosa che lui mai vorrebbe fare. «Una pianta non ha una data di scadenza, in genere muore per colpa di fattori esterni, e l'uomo è il principale fattore di rischio. Lo sapeva bene la Repubblica Serenissima che proteggeva le sue querce, destinate a diventare legno per le navi, dalle incursioni dei ladri. Chi tagliava una quercia veniva decapitato sul ceppo dell'albero che aveva abbattuto. Il termine capitozzo, che noi usiamo per dire taglio della cima di un albero, per i veneziani significava tagliare la testa di chi danneggiava le foreste». Maroè, ha preso dal padre la passione per gli alberi. A 17 anni aveva già il brevetto di tree-climber (arrampicatore di alberi ndr), poi ha conseguito il diploma di perito forestale e ora studia ingegneria meccanica. Tutto finalizzato all'applicazione pratica nella tutela degli alberi.
GIARDINAGGIO & TUTELA
Ha fondato una società che si occupa di potature progettazione del verde e giardinaggio, SuperAlberi, che ha sede a Collalto di Tarcento in provincia di Udine. «Tutti i nostri soci - scherza, ma non troppo - sono misantropi come me e pessimisti sul futuro dell'uomo. Quando un cliente mi chiede di tagliare un albero malato o poco stabile, mi rifiuto e lo sfido a scommettere con me: quella pianta si può salvare. Gli chiedo un anno di tempo: se cade pago i danni, perché sono assicurato. Ma vinco sempre io». L'arte di arrampicarsi sui grandi alberi, dai venti metri in su, per fare interventi di potatura ha un fondamento scientifico: la pianta soffre per la pressione delle piattaforme elettriche e per gli urti contro i rami che si spezzano. Pietro parla con semplicità, ma traspare tutta la sua grande conoscenza scientifica della materia.
A MANI NUDE
«Purtroppo c'è molta ignoranza, pochi sanno che gli alberi respirano con le radici, ma se il terreno viene pressato soffocano. So che può far sorridere, si pensa che questi giganti siano fortissimi e insensibili al dolore, invece sono delicati. Arrampicandosi a mani nude con le funi il danno viene ridotto al minimo. Le condizioni del terreno sono fondamentali per la vita di una pianta». A tre anni Pietro era già a venti metri di altezza su un un albero. É stato il battesimo dell'aria che gli ha fatto fare il padre Andrea, che lo portava con sé al lavoro e nei viaggi alla scoperta dei grandi alberi nel mondo. In Nuova Zelanda, Pietro ha scalato un totara, albero di quasi 2mila anni, uno dei superstiti di quella foresta di kauri che ricopriva il Paese, abbattuta per ricavarne legno pregiatissimo venduto a oltre 10mila euro al quintale. Una miniera d'oro saccheggiata.
IN NUOVA ZELANDA
«Quando l'ho visto sono rimasto senza parole -racconta Pietro - era immenso, aveva un tronco largo come una carreggiata stradale, siano saliti fino a venti metri, dove si divideva in cinque rami enormi, larghi come la base di questa quercia centenaria. E tra i rami ho visto la terra del cielo, chiamata così perché non ha mai toccato il suolo. È formata solo da materiale organico (soprattutto foglie e rami) decomposto. Un ecosistema incontaminato dove vivevano larve, insetti, fiori e persino un serpente. Mio padre mi ha guardato e ho capito. Siamo scesi senza toccare nulla: una cattedrale della natura che io non avevo il diritto di profanare». Quando finisce il racconto Pietro ha il singhiozzo, il ricordo lo ha profondamente turbato. Si scusa per questa debolezza, che invece è la sua grandezza. «Sai, io mi sono innamorato degli alberi. Sono esseri meravigliosi, ti danno la vita. Ti donano l'ossigeno. Non ho mai conosciuto un altro essere vivente che mi dia da respirare. Eppure non abbiamo nessun rispetto per loro, li sfruttiamo senza pietà. É naturale che vadano potati ed anche tagliati, ma facciamolo con rispetto, sensibilità. Manca la cultura, la conoscenza, l'educazione».
UNA SAGGEZZA ANTICA
Pietro è giovane, ma quando parla sembra che abbia una saggezza antica. É schivo, non cerca notorietà, anche se cominciano ad arrivare le richieste di interviste e le comparsate in televisione. Lui vuole solo insegnare il rispetto per gli alberi e per la natura in generale. Per farlo si fa aiutare dalla Bibbia: «Nella Genesi è scritto che nel settimo giorno della Creazione, Dio disse che l'uomo era padrone di tutte le cose. Ma la traduzione dell'amarico è stata storpiata. Nella Sacra Scrittura Dio aveva detto che l'uomo deve essere custode, non padrone, di tutte le cose. E la differenza si vede, purtroppo».
Vittorio Pierobon
(vittorio.pierobon@libero.it)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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