L'INTERVISTA
Marco Goldin Ha camminato dentro i campi di grano maturo sotto il

Sabato 23 Settembre 2017
L'INTERVISTA Marco Goldin Ha camminato dentro i campi di grano maturo sotto il
L'INTERVISTA
Marco Goldin Ha camminato dentro i campi di grano maturo sotto il sole di luglio. Ha voluto che gli odori e il Mistral, il vento della Provenza, gli entrassero sottopelle. Perchè per raccontare la storia di un genio triste, c'era bisogno di respirare la stessa aria, sotto lo stesso cielo. Van Gogh. Storia di una vita, di cui il curatore trevigiano è l'autore e di cui firma anche la regia insieme a Fabio Massimo Iaquone e Luca Attilii, sarà presentato a Treviso il 28 settembre (inizio ore 20.30, ingresso libero) all'auditorium Appiani, in uno dei quattro incontri che precedono la vernice della mostra Van Gogh. Tra il grano e il cielo alla Basilica Palladiana di Vicenza. «E' la prima volta che mi cimento dietro la macchina da presa», conferma il critico trevigiano. Il film, però, non è nato subito».
Cosa scorrerà davanti agli occhi?
«La cronaca puntuale della vita di Van Gogh, in un itinerario dentro i luoghi veri abitati dal pittore, non invece i facili simulacri per il turismo. Dall'Olanda dell'infanzia alla Provenza dei capolavori, il viaggio da cui nasce il film mi ha lasciato delle emozioni incredibili. Abbiamo avuto fortuna. Anche il tempo è stato sempre magnifico.
Il film, come solitamente avviene nei suoi lavori, ha come ingrediente essenziale la musica.
«Il lungomentraggio presenta 21 brani inediti. Ormai con il mio entourage ci si capisce al volo. Loro scherzano dicendo che sanno di dover comporre musiche goldiniane. La verità è che quello che chiedo non è mai un semplice commento. Ho ritrovato Paolo Troncon, Mauro Martello, Renzo Ruggieri. Un punto de film che mi piace molto è la scena in cui, ad Arles nel cimitero di Les Alyscamps, abbiamo un intervento in cui Anna Campagnaro suona il violoncello e canta. E' la prima musica che ha scritto per un mio lavoro. Intorno c'è solo silenzio. E' un momento molto forte»
È eccessivo definire questa mostra definitiva?
«E' una mostra pensata e desiderata da un decennio, tutta legata alla vita. Il progetto è nato nel 2007: mi interessava lavorare dapprincipio sugli anni della formazione di Van Gogh. Poi la cosa ha assunto una dimensione diversa. E siamo arrivati a 129 opere, di cui 43 dipinti e 86 disegni. E' senza dubbio una mostra importante, il resto lo dirà chi la vedrà.
Il successo arriva perchè lei racconta l'arte attraverso letteratura, musica, prendendo per mano il pubblico? È questo il segreto?
«Il primo segreto è la qualità delle opere. E anche il loro numero non è secondario, visto che oggi si fanno mostre anche con soli 10 quadri, mi pare un po' ridicolo. Poi ci sono idee che mi piace aggiornare. Come ad esempio il plastico dettagliato, addirittura di 20 metri quadrati della struttura e degli spazi di Saint-Paul-de-Mausole, la clinica per malattie mentali dove Van Gogh fu ricoverato e infine dimesso perchè, a parere dei medici, guarito. Riprodurremo in quella sala anche la lettera di congedo scritta dal dottor Peyron.
Vuole raccontarci qualcosa dell'anno 2018 a Treviso?
«Quanto al mio ritorno con una mostra in città, c'è di mezzo una questione fondamentale. E riguarda i lavori di restauro in corso alla sala Ipogea. Per considerare seriamente un evento, devono essere completati».
Elena Filini
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci