L'INTERVISTA
Gregory Kunde, il celebre tenore statunitense, oggi sessantaquattrenne,

Venerdì 17 Agosto 2018
L'INTERVISTA
Gregory Kunde, il celebre tenore statunitense, oggi sessantaquattrenne, dirige Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini al Teatro La Fenice di Venezia. La prima è prevista domenica prossima, alle 19, e s'inserisce nell'ambito delle celebrazioni in memoria di Tullio Serafin, il direttore d'orchestra di Rottanova di Cavarzere, nel 50. anniversario della scomparsa. Il capolavoro comico del compositore di Pesaro sarà riproposto nel collaudato allestimento firmato dal regista Bepi Morassi con le scene e i costumi di Lauro Crisman e le luci di Vilmo Furian. (Repliche il 24, 26 e 29 agosto, il 27 settembre, il 4, 6, 20 e 24 ottobre 2018). Nel cast figurano Francisco Brito, Chiara Amarù, Julian Kim; ci saranno Omar Montanari, Mattia Denti, Giovanna Donadini; Matteo Ferrara in alternanza con William Corrò interpreterà Fiorello. Completano il cast gli artisti del Coro della Fenice Emanuele Pedrini, Emiliano Esposito ed Enzo Borghetti che si avvicenderanno nel ruolo di un ufficiale. Al fortepiano troveremo Roberta Ferrari.
Kunde, come nasce questa passione per il podio?
«I miei studi musicali sono iniziati all'Illinois State University: ero allievo del corso di direzione di coro. Poi l'affermazione come cantante mi ha portato verso un'altra carriera. Nel 1999, però, ho fondato un mio coro e ho iniziato a lavorare anche con l'orchestra. Passando dal belcanto al repertorio più drammatico e spinto gli impegni si sono moltiplicati. Ora è arrivato questo Barbiere alla Fenice, un teatro cui sono particolarmente legato e non potevo dir di no».
Rossini in fondo è uno dei suoi compositori prediletti «Certamente, ho cantato diverse opere del genio di Pesaro: ho amato molto ruoli come quello di Don Ramiro nella Cenerentola o Lindoro nell'Italiana in Algeri». Il Conte d'Almaviva, però, non è tra i personaggi che ha cantato di più».
Perché?
«Il barbiere di Siviglia è soprattutto l'opera di Figaro e Rosina, specie se viene tagliata, come in questo caso, l'aria del conte Cessa di più resistere, prima del finale. Musicalmente è comunque un capolavoro e sono davvero entusiasta di dirigerlo alla guida di un'orchestra che apprezzo molto, concertando una compagnia vocale fatta di giovani professionisti ai quali posso trasmettere quando ho appreso in tanti anni di belcanto, frequentando il Rossini Opera Festival e direttori come Alberto Zedda, grande studioso del compositore marchigiano e delle sua prassi esecutiva».
La sua carriera artistica proseguirà dunque come direttore?
«È difficile da dirsi. Per il futuro ho ancora tanti impegni come tenore: Aida, Otello, Manon Lescaut. E poi mi piacerebbe debuttare come Cavaradossi nella Tosca».
Qual è il segreto di una longevità vocale così sorprendente?
«Sicuramente cantare a lungo Rossini e Bellini mi ha permesso di consolidare una tecnica rigorosa che ho rafforzato grazie agli insegnamenti di Alfredo Kraus. Vocalmente il mio approccio è quello di sempre, da belcantista, semplicemente con gli anni la mia voce si è irrobustita, si è ampliata. È stato un percorso naturale, senza forzature».
Mario Merigo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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