L'INTERVISTA
Cos'è per lei l'estate?
«È la stagione più

Sabato 18 Agosto 2018
L'INTERVISTA
Cos'è per lei l'estate?
«È la stagione più bella. Per me che amo il sole e il mare è la vita: passo tutto il resto dell'anno ad aspettarla. Nel corso del tempo sono riuscito a costruire la mia professione in modo da ritornare un po' come ai tempi della scuola, con i mesi invernali di lavoro e quelli estivi in cui posso staccare. Prima non era possibile, lavoravo anche in estate: oggi ce la faccio ed è una grande fortuna. Alcune estati, per me, sono state irripetibili».
Per esempio?
«Da adulto ho avuto almeno due estati memorabili: quella del mio viaggio di nozze in Polinesia e la prima volta che ho portato al mare mio figlio. Ma le estati da bambino occupano un posto speciale nella memoria».
Perché, che succedeva?
«Partivo da Firenze con la mia mamma e ce ne andavamo insieme a Livorno, la città da cui proveniva la sua famiglia. Frequentavamo i bagni Tirreno: ancora oggi il mio posto segreto per le vacanze è da quelle parti, a Castiglioncello».
Cosa faceva di speciale al mare?
«Ogni estate venivamo ospitati per una quindicina di giorni da una cugina di mia mamma. Appena mettevo piede a Livorno, il primo giorno, dovevo assolutamente fare una cosa: andare in Viale Italia, verso la Terrazza Mascagni, per incontrare il nonno. Lo trovavo al solito posto, su una panchina, ad aspettarmi. E sapevo che aveva un pensiero per me: il regalo più bello dell'anno, quello che li batteva tutti, una cosa più importante persino dei regali di Babbo Natale. Un dono che mi sognavo fin dall'inizio dell'estate».
Quale?
«Un pezzo di sughero grosso, il filo, il piombo e l'amo. Quella che in gergo si chiama la correntina. Già da quando avevo sei, sette anni, andavo a pescare con lui usando la sua correntina o semplicemente con il retino, con cui prendevo i granchi e i gamberetti. All'inizio mi andava bene anche se non acchiappavo niente, perché il solo andare a pesca col nonno rendeva comunque la giornata speciale».
La correntina la preparava lui?
«Certo. Anche per il nonno si trattava di un appuntamento speciale, che preparava per tutto l'anno. Molto teneramente, mese dopo mese, recuperava i pezzi per costruire la correntina da qualche amico pescatore. Prima il sughero, poi il filo, il piombo e un po' di ami: non andava certo al negozio a comprarli».
Che lavoro faceva il nonno?
«Lavorava al cantiere navale a Livorno, ma a quei tempi era già in pensione e si era reinventato pescatore. Sembra uno scherzo del destino, ma si chiamava Marino. E anche se amava andare sulle barchette con gli amici a pescare, per poi rivendere quello che avevano preso, non imparò mai a nuotare».
Se lo ricorda il primo pesce che ha preso?
«La prima volta pescai una bavosa, che poi ributtai in mare. Non è nemmeno commestibile».
Di cosa parlava col nonno?
«Era il tipico nonno che si metteva là a spiegarti come fare, dove mettere l'esca, pieno di raccomandazioni per un bambino che armeggiava con cose pericolose. Mi insegnava i posti giusti dove pescare e le buche fra gli scogli dove trovare i granchi. Quando mi portava fuori con mio cugino, ci insegnava a scegliere le esche, in quali orari uscire, come capire l'influsso del vento e delle fasi lunari. Bisogna immaginare però che a quei tempi, per me, prendere un ghiozzo era come pescare un tonno. Una soddisfazione incalcolabile».
La cosa più importante che le ha insegnato il nonno?
«Prima di tutto a rispettare il mare. E poi una regola importante: i pesci grossi si tengono, quelli piccoli li si lascia liberi, con la speranza magari di riprenderli quando saranno cresciuti. A quest'ultima parte ho sempre voluto credere, anche se non mi è mai capitato».
Nonno Marino somigliava a lei?
«Fisicamente no, almeno per ora: aveva molti più capelli, il volto rugoso, gli occhi neri e i sopracciglioni folti. Di carattere però sì: non era nostalgico né malinconico, era una persona molto tranquilla. Come penso di essere anche io».
Ci pensa mai a lui?
«Certo, è il nonno che mi ha insegnato a pescare, cosa che faccio ancora con passione. E sono molto felice perché quella stessa passione oggi la sto trasmettendo a mio figlio. Che ha quattro anni, ed è già più bravo di me».
Gliela fa lei, la correntina?
«Gli faccio il sughero. Ma lui è più privilegiato di me: ha già una canna da pesca vera».
Ilaria Ravarino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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