L'eroina ecologica con l'arco corre in difesa della natura

Venerdì 14 Dicembre 2018
L'eroina ecologica con l'arco corre in difesa della natura
Islanda, terra di ghiaccio e fuoco, soprattutto di grandi spazi: natura, ecologia, un senso della vita che spesso da qui guardiamo con rispetto e forse anche invidia. Hanna è una single matura, che ha la passione per la musica: dirige infatti un coro. Ma non è l'unico suo passatempo. Da tempo in Islanda si susseguono sabotaggi contro le multinazionali industriali che se ne infischiano dell'ecologia e della salvaguardia del territorio. La polizia è sulle tracce del colpevole, ma non l'ha ancora trovato. Noi sappiamo invece che è proprio Hanna, che, oltre ad avere una sorella gemella, nel frattempo ha vista finalmente premiata la sua costanza nel richiedere un'adozione: a breve arriverà una bambina ucraina.
Dopo Storie di cavalli e di uomini, l'islandese Benedikt Erlingsson resta fedele al suo cinema bucolicamente surreale, rappresentando sempre il lato più oscuro di un mondo che si è soliti ritenere idealmente intatto. Adesso con La donna elettrica traccia le avventurose imprese di una, a suo modo, eroina, che da sola cerca di ostacolare l'avanzamento di una civiltà sgretolante che mina l'ordine placido delle cose. Un film semplice con ramificazioni sociali, sicuramente politico, dotato di una vena sarcastica non indifferente, dall'uso dell'arco come arma necessaria all'abbattimento dei tralicci, fino alla cattura di un dispettoso drone, che apre scenari metalinguistici sull'ormai abuso emozionale che se ne fa anche sul set.
Erlingsson non fa di Hanna una paladina della conflittualità tra antico e moderno, non è questo il punto fondamentale. Piuttosto apre lo sguardo su un'ossessione, che ha una matrice che asseconda i valori per i quali si è abituati a vivere; e dentro a questa ossessione muove comportamenti e aspirazioni, come se la battaglia fosse di uno contro tutti, senza dimenticare il lato grottesco di tale lotta, che avrà l'esito più improbabile nell'ennesima beffa finale. E se l'uso della colonna sonora diventa esso stesso parte della narrazione, un po' come accadeva in Birdman, è la definitiva bizzarria di un film che fa pensare e divertire.
Adriano De Grandis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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