L'America prima di Colombo

Venerdì 12 Gennaio 2018
L'America prima di Colombo
LA MOSTRA
Il mondo che non c'era: quelle delle antiche civiltà precolombiane prima sterminate e poi rimosse nel ricordo dei conquistatori.
Un mondo che ora riprende a rivivere nella mostra che è aperta da oggi e fino al 30 giugno a Palazzo Loredan, sede dell'Istituto veneto di Scienze Lettere ed Arti, a due passi dal Ponte dell'Accademia, nel cuore di Venezia. Un evento che approda, finalmente nel luogo a lui più consono, caricandosi di ulteriori significati. La città è infatti la sede della Fondazione Ligabue. Da cui ha avuto tutto inizio. Grazie all'intelligente perseveranza di un imprenditore come Giancarlo Ligabue, che nella sua passione di instancabile esploratore ha raccolto reperti in tutto il mondo. Del resto era solito affermare che «l'Umanità è una sola e che in ogni popolo si trovano fermenti, origini, principi e radici di ciò che noi oggi siamo». Ne è un esempio il figlio Inti che nel nome ricorda le origini boliviane della madre Sylvia che lo ha ricordato con emozione anche in occasione della presentazione.
VENEZIA E L'AMERICA
Venezia anche quale patria di Marco Polo e di molti altri esploratori. Marco Polo che percorse infaticabile le Indie Orientali che Cristoforo Colombo, sbagliandosi, credeva di scoprire con le sue caravelle nel suo famoso viaggio del 1492.
Venezia capitale, con Parigi, dell'editoria europea. Che pubblica da subito, pur esclusa dalle rotte transatlantiche, i primi trattati sul Nuovo mondo: primo fra tutti quello fondamentale di Bartolomeo Della Casa. Venezia che, grazie alle relazioni dei suoi ambasciatori, si tiene aggiornata su quanto avviene nelle corti europei, specie quella spagnola che già accolgono i primi nativi americani. Insomma una città che da sempre ha voluto avere un ruolo e che se lo è costruito nel tempo fin dal momento della scoperta del Nuovo Continente che ha radicalmente cambiato le rotte, i commerci e le relazioni internazionali
UNA CIVILTÀ DA CONOSCERE
Il suo dunque e uno sguardo empatico sull'altro. Lo annota il curatore della mostra André Delpuech. Lo stesso che pervade questa evento dal carattere eccezionale. Per lo sviluppo cronologico di quasi quattro millenni, dal 2.500 avanti Cristo fino alla conquista e allo sterminio dei primi anni del 1500 dopo Cristo e per estensione geografica, comprendendo una vasta zona che si estende dal Messico e dal Guatemala fino al Venezuela, al Perù e alla Colombia. Circoscritta da due oceani: l'Atlantico e il Pacifico. La terra dei Maya e degli Aztechi, le popolazioni più note. Rappresentata in una mappa antica acquisita da Ligabue nel 1960. Non uno dei tanti eventi estemporanei, ma incardinata all'interno di un rigoroso percorso scientifico. Anche molto gratificante dal punto di vista estetico data la bellezza di quei testimoni parlanti che sono i diversi reperti.
LA CULTURA DEL CIBO
A cominciare da quelli che hanno attinenza con il cibo, un capitolo essenziale visto che dopo la scoperta della mensa furono introdotti sulle nostre tavoli i pomodori come le patate; la zucca come il cacao. Primo esempio, secondo numerosi studiosi, di globalizzazione. Soprattutto il mais già introdotto nel 1522 alla corte di Spagna come riferisce al Doge l'ambasciatore Gasparo Contarini. Insomma, segnali di un mix di civiltà che vengono in contatto tra loro. Come dire: una delle prime rivoluzioni della conoscenza.
E' l'alimento base, al quale si dedicano riti propiziatori con amuleti in giada, la pietra della fecondità. Si arrivava al punto di modellare la testa dei neonati regali in modo da farla quanto più possibile assomigliare ad una pannocchia. E la pannocchia è riprodotta anche in una corona d'oro.
L'oro ecco l'altro elemento che ha scatenato l'avidità dei conquistatori: l'oro e l'argento di cui abbondavano le miniere. Che trova forma in eleganti monili e persino perfora, ritualmente, il naso degli sciamani. Ma certo tutto questo non interessava i conquistatori.
I GIOCHI E LE TRADIZIONI
Forse più attratti dall'antico gioco della pelota, una palla di caucciù che veniva mossa dal movimento delle anche. Gioco dagli aspetti crudeli che non escludevano la pratica dei sacrifici umani. Una pratica piuttosto consueta che concerneva anche i neonati. Insomma al mito del buon selvaggio si contrappone quello del cattivo selvaggio.
La vita e la morte come alternanza. La donna gravida rappresentata al momento del parto; l'intreccio erotico dei corpi di due amanti. Rappresentazioni realistiche di vita quotidiana. Ma di solito l'antropomorfismo è più metaforico, accentuato spesso dalle pennellate di rosso vivo.
IL MONDO DELLE MASCHERE
Contiguo è il capitolo delle maschere, per lo più legate ai riti funerari. Di una tale valenza espressiva da affascinare una Frida Kahlo o un Henry Moore. Di particolare rilievo quella che rappresenta il dio della pioggia. Un modo e un mondo per capire quali sono state poi nei secoli, soprattutto lungo l'Ottocento e il Novecento le influenze dell'arte precolombiana in quella moderna e contemporanea.
Poi il capitolo del vasellame che pur avendo la funzione pratica di conservare gli alimenti può assumere le sembianze di un rapace o di un giaguaro animale simbolo di queste terre.
LINEE E FORME
Poi ci sono i vasi dalla forma classica, finemente istoriati e essenziali nelle linee, così affini ala moderna sensibilità.
Tanti reperti posso essere di difficile lettura a sopperire alle difficoltà le brevi ma esaustive schede esplicativi e tutti gli strumenti multimediali che permettono l'interazione dei visitatori. Del resto diffondere e divulgare è un imperativo categorico. Da qui un fitto programma di iniziative didattiche.
Il rapporto tra la Fondazione Ligabue e l'Istituto Veneto, conferma il presidente Gherardo Ortalli è ormai stabile. E' iniziati nel 2017 con la mostra sull'alfabeto e proseguirà poi nel prossimo autunno con quella dedicata agli Idoli, sguardi sul potere in calendario dal 1 settembre. Un'altra occasione per riflettere sul mondo e la cultura precolombiana grazie ai tesori che ci ha lasciato Giancarlo Ligabue e ora custoditi dalla fondazione intitolata alla sua memoria.
Lidia Panzeri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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