IL COMMENTO
La riforma Veltroni degli Enti lirici in Fondazioni segnò la

Mercoledì 18 Luglio 2018
IL COMMENTO
La riforma Veltroni degli Enti lirici in Fondazioni segnò la fine della diarchia sovrintendente-direttore artistico a favore di un amministratore unico con la totalità dei poteri. La direzione artistica di fatto venne soppressa o ridotta a presenza illusoria. Nacque il teatro azienda come se le Fondazioni, strappate alle loro funzioni culturali, fossero la Fiat di Marchionne. La riforma non prevede nemmeno concorsi internazionali che garantiscano la competenza dei concorrenti. I sindaci o qualche zelante funzionario ministeriale scelgono i sovrintendenti. Ove si escludano alcune eccezioni, come Pereira alla Scala o Fuentes all'Opera di Roma, i cosiddetti manager paradossalmente spesso non presentano neppure capacità manageriali e amministrative. Caso limite la Fondazione del Maggio Musicale Fiorentino affidata fino all'anno scorso a Fausto Bianchi, un avvocato ignaro di teatro. Di fronte alle difficoltà economiche e artistiche, il sindaco Dario Nardella ha chiamato Cristiano Chiarot (nella foto), apprezzato per la brillante gestione della Fenice. Chiarot ha compiuto un (quasi) miracolo con una programmazione coraggiosa aperta alla modernità.
QUEL MACBETH DI MUTI
Cardillac di Hindemith, capolavoro degli Anni Venti del contrappuntismo espressionista, Il prigioniero di Dallapiccola con l'illuminante regia pantomimica di Virginio Sieni, un'emozionante novità rilkiana di Adriano Guarnieri, il Macbeth in forma di concerto diretto da Muti, sono i momenti salienti del Maggio appena concluso.
Ho seguito fin dagli anni Settanta le proposte verdiane del direttore napoletano. Muti è passato dall'oggettivismo di impronta toscaniniana a un'idea del melodramma come mistero, dal suono visionario. Il soprannaturale shakespeariano, impersonato dalle streghe, diviene nell'idea di Muti un acido grottesco. Lady e Macbeth sono il veicolo, persino struggente, della dannazione che il direttore ricrea con una drammaturgia allucinata e avvolgente. Muti ripristina il negletto rubato romantico; i tempi sono talora dilatati in funzione teatrale come nei deliri di Macbeth o nella sinistra replica del brindisi di Lady con un'abnorme scansione espressiva. Prevale il tono notturno e lirico, meno volitivo e perentorio rispetto alle lontane letture verdiane, ma ancor più memorabile.
Mario Messinis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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