Friuli, bastione contro i turchi

Giovedì 18 Ottobre 2018
Friuli, bastione contro i turchi
IL RACCONTO
«Cristo pietà del nostro Paese. Non per farci più ricchi di quello che siamo. Non per darci pioggia. Non per darci sole. Patire caldo e freddo e tutte le tempeste del cielo è il nostro destino. Lo sappiamo () Chi ha portato qui gente di un altro mondo a portarci la fine della nostra povera vita, senza pretese, senza ideali, senza una goccia di ambizione? (). E tu Vergine beata, che tu, almeno tu, abbia pietà di noi, che fermi il Turco. Queste parole sono riecheggiate in friulano, alcune settimane fa nell'antica chiesa di Santa Croce a Casarsa dove, 40 anni fa, per la prima volta, apparve il testo teatrale I Turcs tal Friûl ; scritto da Pier Paolo Pasolini nel 1944 e scoperto solo dopo la sua morte.
Il poeta trasse ispirazione anche da uno dei pochi reperti storici rimasti in Friuli che testimonia l'orrore delle scorribande turche: la lapide nella chiesa di Santa Croce dove si legge nella lingua del 500: Mattia De Montico e Zuane Colusso il 30 settembre 1499 fecero voto di costruire una chiesa dedicata alla Madonna se si fossero salvati dai turchi. Ci riuscirono, ma quell'edificio non c'è più.
IN ALPE ADRIA
Il viaggio che abbiamo fatto sui luoghi dei turchi e nel tempo - che chiunque può ripercorrere in auto in una giornata nelle regioni dell'Alpe Adria - racconta soprattutto di quasi 20 mila persone di Veneto e Friuli Venezia Giulia uccise (800 contadini solo a Valvasone) o ridotte in schiavitù dai turchi, quasi 150 centri distrutti in pochi giorni del 1499. Ci si muove però tra memorie scolorite, segni quasi nascosti. Come la storia di Tinata, la donna del tino che trovate ancora adesso su un bassorilievo di marmo, a sinistra, entrando nella chiesa di San Canciano, in piazza Cortina a Pantianicco (uno dei centri della produzione della mela attorno alla Casa del Sidro). La si vede su un cavallo in corsa, secondo la leggenda. Fuggirà - unica sopravvissuta al massacro del borgo - dopo aver ucciso un turco avvicinatosi al tino sotto il quale era nascosta, col cavallo dell'invasore; per narrare l'orrore di quei decenni di 500 anni fa, quando la parola turco terrorizzava l'Europa.
TERRORE E MORTE
I Turchi si fermarono prima di Casarsa, mezza giornata a piedi da Pantianicco, al di là del Tagliamento, per via di una bufera di vento che si narra - rese impossibile l'avanzare. Il salvataggio di Casarsa entrò subito nelle narrazioni popolari tanto che gli abitanti dei paesi vicini avrebbero appellato turcs i casarsesi, insinuando chissà quali alleanze.
A viaggiare oggi tra questi centri si percepisce come il ricordo della furia turca che per quasi 50 anni e fino al 1499 sconvolse i Friuli sia scomparso. Allora i turcs si spinsero fino ai bordi di Conegliano, 60 chilometri da Venezia.
Nell'Alpe Adria, altrove, non si sono creati problemi: come in Carinzia dove, a Stirnitz, (70 chilometri da Tarvisio), oggi si vede una statua di legno di un minaccioso turco con scimitarra, a memoria del passaggio delle orde dell'impero Ottomano. E nella stessa regione, a Ferlach vicino al confine sloveno - le vetrate della chiesa rifatte negli anni '70 su ispirazione di più antiche, riportano la battaglia di Lepanto. Da questa città ancora produttrice di fucili da caccia che valgono come un'auto di lusso - sarebbero arrivate gran parte delle armi da fuoco usate contro i turchi. Perfino a Lubiana, nel museo della città, espongono le staffe dei cavalieri della Sublime Porta.
SOLDATI A CAVALLO
Insomma, nell'Alpe-Adria cristiana ci si accorge di più della violenta presenza dei turchi nelle testimonianze dell'Austria, paese che sembra continuare una microcrociata anti-musulmana ancora oggi, che in quelle dell'Italia.
In Friuli - oltre a Pantianicco e Casarsa; e alcune iscrizioni a Pravisdomini e Tricesimo - si deve andare alla torre Scaramuccia a San Vito al Tagliamento dove esiste una sinopia con turchi a cavallo. E ai resti dei trecento corpi - scoperti dai lavori di restauro negli anni '90 del secolo scorso nella cripta del campanile della chiesa di San Nicolò al confine di Coccau. Sarebbero quelli dei contadini e i minatori che arrivavano dal borgo di Blaidberg (a 15 minuti di auto dal confine italiano) difensori delle Alpi massacrati nell'estate del 1478 dall'armata turca, ventimila uomini al comando di Iskender Pascià. Termopili delle Alpi, la chiamano quelli del Fogolâr Civic che, unici o quasi, hanno celebrato a Udine poche settimane fa i 540 anni da quella data quando pesanti scorrerie colpirono anche in Corniola, Istria e Croazia.
ORIENTE E OCCIDENTE
Se la cronaca mette continuamente in primo piano il mondo musulmano tra confronti e contrasti con quello occidentale europeo, le testimonianze storiche di quei musulmani invasori (non che veneziani e cristiani siano stati mammolette) sono visibilmente scomparse. E qualche studioso friulano riferisce anche di una memoria collettiva strappata dai secoli anche per colpa (pare) di una Serenissima che poca attenzione prestò alle genti che vivevano ai bordi del Tagliamento. Un fiume che i turchi chiamavano Ak Su, cioè acqua bianca, bianco come il colore dell'aldilà, una specie di passaggio in un oltretomba; fiume confine spirituale che solo i gazi, valorosi combattenti della fede potevano oltrepassare per cercare la gloria in un universo sconosciuto.
I RAZZIATORI BALCANICI
In questa Alpe-Adria passarono anche le bande degli akinci (razziatori) che venivano da Albania, Macedonia, Croazia, Ungheria, musulmani sì, ma anche cristiani che usavano Slovenia, Friuli e Carinzia come deposito di risorse e fornitura di schiavi. Il solo compenso era il bottino: beni e persone. La Serenissima risponderà lentamente alla minaccia turca: 1592 fonda la fortezza di Palmanova anche se poi nel 1621 creano un fondaco per i turchi. Tutto o quasi cambierò nel 1683 quando gli ottomani assediano inutilmente per la seconda volta Vienna.
E riecheggeranno ancora inutili gli appelli di metà Cinquecento ai sovrani europei di decenni prima del vescovo Paolo Giovio umanista e diplomatico comasco, studi a Padova e a Venezia dove apprese quasi tutto sui turchi: «Servirebbe una crociata contro i turchi» scriveva inutilmente alle teste coronate del suo tempo, spiegando perfino come si blindavano i carri da guerra. Ma poi sottolineava come i barbari fossero i veneziani che hanno lasciato soli i cavalieri di Rodi e come i cristiani fossero disuniti e traditori: «Questi principi cristiani e molto cattolici sospirava , ma solo a parole». E infatti l'Europa cristiana era divisa e si combatteva ferocemente. Sembra di essere nella contemporaneità.
Adriano Favaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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