«Non si possono fare operazioni di polizia con le sentenze»

Giovedì 14 Settembre 2017
Era finita in carcere con il suo ultimo bambino nato da poche settimane. E in cella erano finite anche le sue due complici, entrambe incinte. L'ennesimo terzetto di borseggiatrici in azione a Venezia, per cui dopo la condanna a un anno a testa, era stata disposta anche la custodia cautelare in carcere. Un effetto della linea dura ormai assunta da molti giudici monocratici di Venezia, che ieri però è stata smontata dal Tribunale del riesame. Il collegio, accogliendo la richiesta del difensore, l'avvocato Vincenzo Di Stasi, ha infatti scarcerato la 29enne Rajfa Ibrahimovic, la 28enne Sanela Hanidovic e la 25enne Erika Devic, con il suo bambino di poco più di un mese. Per le tre - tutte cittadine bosniache, tutte con residenza del milanese, tutte con una sfilza di precedenti - solo un divieto di dimora.
Le motivazione del Tribunale del riesame, presieduto da Angelo Risi, si conosceranno solo tra qualche giorno. Il difensore ha sostenuto l'illegittimità di una misura che la norma prevede solo in casi di «eccezionale gravità», vietando la custodia cautelare in carcere sia alle donne incinte, che alle neo-mamme, che agli ultrasettantenni, escludendola anche nei casi in cui la condanna sia al di sotto dei tre anni. E in questo caso le tre donne erano state condannate a un anno a testa. «Non si possono fare operazioni di polizia con le sentenze - ha argomentato l'avvocato Di Stasi - Il problema esiste, ma va risolto dalla politica. Non è un compito dei giudici, a cui spetta applicare la norma».
Il processo per direttissima risale al 29 agosto scorso. Le tre donne erano state arrestate da agenti della polizia municipale in borghese, dopo un servizio di appostamento sul ponte di Calatrava. Il terzetto aveva preso di mira una coppia di anziani turisti statunitensi, in difficoltà a salire il ponte, complice la pioggia. Colte sul fatto le tre donne erano finite in cella di sicurezza nel comando della Polizia municipale. Qui i parenti (uomini) della Devic avevano pure portato il neonato, nel tentativo di farla scarcerare. Un sistema collaudato da anni, questo di mandare a borseggiare le giovani donne, che passano così di gravidanza in gravidanza, di condanna in condanna, dribblando il carcere. Stavolta alla neo-mamma era stato consentito di allattare, ma era rimasta in cella con le altre. E in carcere le aveva poi fatte tutte trasferire il giudice monocratico, Savina Caruso, disponendo la custodia cautelare alla Giudecca, istituto attrezzato ad accogliere anche le mamme con neonati. Linea dura, appunto, cancellata ieri dal riesame.
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