Ho già avuto modo di esprimere il mio sconcerto di fronte alla ormai nota sentenza

Sabato 21 Aprile 2018
Ho già avuto modo di esprimere il mio sconcerto di fronte alla ormai nota sentenza della Corte di Cassazione sul caso Grilli, quando i supremi giudici senza che ci fosse stata alcuna avvisaglia archiviarono il criterio del tenore di vita nella determinazione dell'assegno di divorzio adottando quello della carenza dell'autosufficienza economica del coniuge più debole. Rimasi sconcertato, sorpreso e contrariato e non lo nascosi, anche se la pronuncia arrivava dal podio più autorevole. Di per sé non si poteva dire che il ragionamento fosse sbagliato o scorretto dal punto di vista giuridico. Che non si potesse rivendicare l'assegno se il coniuge cosiddetto debole, spesso la moglie, lavorava e guadagnava come l'altro risponde anche ad evidenti criteri di equità. Ma certamente il criterio adottato non rispondeva al dettato della legge che faceva e continua a fare riferimento a molte situazioni che il giudice sarebbe tenuto a valutare contestualmente prima di stabilire l'entità dell'assegno, ma soprattutto mi sembrò che nel nostro paese siamo ancora ben lontani a quella situazione di parità tra uomo e donna che è il presupposto non scritto ma evidente dell'innovazione. Specie nel sud la moglie che divorzia rischierebbe la miseria se non potesse contare su un aiuto consistente, e certamente non potrebbe bastare un lavoro incerto e malpagato per tirarla fuori dai guai. Tutto sommato, il criterio del tenore di vita mi sembrava più adatto al nostro ambiente sociale, soprattutto perché si pone come una sintesi efficace dei vari criteri indicati espressamente dalla legge sul divorzio. L'assegno, così mi sembrava, non poteva diventare una forma di assistenza per casi estremi in pratica consolidando la posizione economica del marito e condannando la ex moglie alla miseria. Evidentemente non ero il solo a pensarla in tal modo perché alla prima occasione la stessa Cassazione ha deciso di affrontare il problema, rimettendo il caso alle Sezioni Unite, la massima espressione della nostra giurisdizione. Qui il procuratore generale Marcello Matera, che conosco come magistrato attento e preparato, ha proposto di superare il criterio dell'autosufficienza, approdando in pratica ad una soluzione in cui risulterebbero validi tutti i criteri indicati dalla legge, dalla durata del matrimonio alle ragioni della decisione, dall'apporto dei coniugi alla formazione del patrimonio familiare al reddito goduto dagli interessati fino al bisogno del coniuge più debole. Come è evidente, in questa impostazione complessiva torna prepotente e forse prevalente il criterio del tenore di vita durante il matrimonio, seguito dalla giurisprudenza per decenni e poi abbandonato repentinamente nel caso Grilli. Non più quindi assegno alimentare o assistenziale per i casi estremi, ma assegno riconducibile al rapporto complesso e continuativo, tipico e caratteristico del matrimonio specie nella tradizione nazionale. È troppo presto per fare previsioni. Le Sezioni Unite faranno conoscere la loro decisione non prima di un mese, ma non è esagerato prevedere che ci saranno cambiamenti sostanziali, anche se non si tornerà puramente e semplicemente al tenore di vita durante il matrimonio. Inutile dire che la pronuncia è attesa con trepidazione da molti interessati, oggi divorziati o in attesa di divorzio, tanto più che, come scrivevo nell'occasione ricordata, un criterio come quello dell'autosufficienza avrebbe indotto molte donne ad opporsi al divorzio. Il che non è di per sé un bene, se il matrimonio resiste non per amore ma per necessità, dovuta all'impossibilità ambientale, o addirittura alla paura della miseria.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci