Gli ultimi cacciatori di gocce

Domenica 13 Gennaio 2019
Gli ultimi cacciatori di gocce
IL MESTIERE
«La tanto rinomata trementina di Venezia, che è così ricercata in commercio pei suoi usi medicinali, si cava facendo dei fori al ceppo dell'albero», scriveva l'ispettore forestale bellunese nel 1877 a proposito della pratica allora assai diffusa che prevedeva l'utilizzo della resina del larice per usi medicamentosi e non solo. Dal balsamo digestivo al disinfettante per le ferite, dal lubrificante per violini, al combustibile della fumata bianca del Papa, quel lagrimo prodotto dalle cellule del legno fece la ricchezza di molti mercanti della Repubblica Venezia, tanto da divenire parte del Codice Farmaceutico per lo Stato della Serenissima nel 1790.
Trementina per gli esperti, resina per i comuni mortali, questa sostanza profumatissima e appiccicosa è stata linfa vitale per l'economia domestica di intere generazioni di boscaioli che la estraevano da larici e abeti nel Veneto, nel Trentino Alto Adige e in molte altre aree montane. Un lavoro quasi scomparso, oggi in mano soltanto a pochi discendenti di storiche famiglie di raccoglitori del Trentino dove la tradizione continua ininterrotta fin dal Cinquecento.
«Come nelle vicine Val di Cembra e Val di Sole, esistono ancora pochissime autorizzazioni attive in Val di Fiemme che in passato venivano assegnate dalla Magnifica Comunità», spiega Stefano Dell'Antonio dell'agenzia foreste demaniali della provincia autonoma di Trento. «È una concessione rimasta viva non tanto per creare indotto commerciale, quanto per ricordare un'antica tradizione che altrimenti verrebbe dimenticata. In parole povere, è un omaggio agli ultimi resinatori rimasti». E in effetti basta andare da settembre a novembre nel magnifico lariceto presente nel comune di Varena, per vedere all'opera i pochi raccoglitori ancora attivi che utilizzano le stesse tecniche e gli stessi strumenti impiegati in passato. E per capire quanto era vivo questo lavoro, una delle tante famiglie Gilmozzi di Tesero sono tuttora chiamate rasa in onore dei loro antenati raccoglitori di resina.
UNA TECNICA SECOLARE
«L'antico mestiere del largaiol, come si dice in Val di Sole nel Trentino, prevede l'uso di attrezzi molto antichi», racconta Ilary Bontempelli, appassionata di vecchi mestieri nell'area alpina. «Vengono utilizzati il bazzon, una sorta di contenitore in ferro che serve per raccogliere il prodotto in fase di estrazione, il trivello per forare la pianta alla base, la sgorbia per estrarre la trementina, la palota per pulire gli attrezzi e recuperare ogni piccola goccia residua ed infine il tappo di legno che evita sia la fuoriuscita della resina che l'accesso di corpi estranei nella pianta come insetti, batteri e acqua». Anche le altre piante producono resina, è la loro difesa quando vengono ferite, ma in Italia è legale solo la resinazione della trementina di larice, detta anche Trementina di Venezia, in gergo argà. Le altre estrazioni, ad esempio la pece o l'olio di abete bianco, sono vietate in Italia dal 1954.
NEL COL VISENTIN
L'attività di raccolta della trementina si è vista anche nell'area prealpina trevigiana. Salendo sulle pendici del Col Visentin, poco al di sopra di Fais in comune di Vittorio Veneto, si individuano nel bosco alcuni alberi di pino silvestre con delle incisioni a forma di lisca posizionate quasi al livello del terreno. Sono le testimonianze di un'attività di estrazione della resina che alcuni abitanti del luogo svolsero a metà del secolo scorso per conto della Società Farmaceutica Triveneta di Udine. «Venivano scelti gli esemplari di albero aventi un diametro non inferiore ai 20 centimetri», racconta Angelo Dazzi, classe 1931, uno dei pochi testimoni di quell'epoca. «Dopodiché si asportava una striscia di corteccia e si incideva il tronco scoperto praticando dei solchi convergenti alla base con un angolo di 45 gradi. La colata di resina scendeva lentamente su un lamierino di zinco e si riversava in un secchiello». Questa tecnica era simile a quella che veniva utilizzata nei vicini boschi del Cansiglio durante la dominazione Veneziana, ma in tal caso si utilizzava il larice che veniva forato alla base del tronco. A Fais furono coinvolte circa milleduecento piante che producevano ventiquattro quintali di prodotto tra la primavera e l'autunno. L'attività cessò dopo pochi anni.
COS'È LA TREMENTINA
La trementina è la resina che esce dagli alberi ed ha una principale funzione di difesa dai parassiti. Questa sostanza, per distillazione in corrente di vapore, genera l'essenza di trementina, la comune acquaragia, che veniva utilizzata come diluente per vernici, mentre il residuo dava origine alla colofonia, detta anche pece greca, impiegata nella fabbricazione di adesivi, saponi, inchiostri, ceralacca. Per garantire l'attrito sulle corde degli strumenti musicali ad arco, si impiega tuttora il violin rosin ricavato proprio dalla colofonia. Uno degli usi più comuni della trementina è la pulizia dei mobili in legno e in tempi passati veniva anche usata per preparare le maschere degli attori teatrali. Oggi la trementina e i suoi derivati sono stati sostituiti da altri prodotti farmaceutici, ma c'è ancora qualche laboratorio che porta avanti l'antica tradizione. «La richiesta della clientela è molto scarsa, tuttavia la nostra farmacia continua a produrre questa tipologia di prodotti a partire dall'olio essenziale di trementina», spiega il farmacista Ernesto Riva di Belluno. «Vengono utilizzati come antireumatici ed uno dei più efficaci è sicuramente l'unguento ottenuto dalla resina grezza di trementina, parente del Balsamo Tigre usato dai nostri nonni tanti anni fa».
USATA ANCHE IN VATICANO
Sono innumerevoli gli elementi naturali contenuti nella trementina. Si va dagli olii essenziali volatili alle sostanze resinoidi dalle indiscusse proprietà antisettiche. In poche parole, un impasto dalle caratteristiche medicinali straordinarie. E gli antichi greci lo sapevano benissimo perché nell'isola di Chio lavoravano la trementina già duemila anni fa. Veniva utilizzata in passato a scopi curativi, grazie alle sue proprietà balsamiche su ascessi, dermatiti, ferite. Proverbiale l'utilizzo per estrarre le schegge dalle mani oltre ad essere impiegata per curare calcolosi, artriti e sciatalgie. Vi erano poi altri prodotti farmaceutici, come ad esempio il Balsamo Locatelli per scopi digestivi, pasticche contro le infiammazioni del fegato, olii essenziali adatti alla cura delle vie respiratorie, unguenti vari e il cosiddetto cataplasma risolvente, pioniere del moderno cerotto antidolorifico. In pratica una vera pozione magica tutta naturale. Esiste una curiosità a proposito della colofonia, resina vegetale di colore giallo che si ottiene dai residui della distillazione della trementina. Viene usata ancora oggi, insieme ad altre componenti, per bruciare le cartelle delle elezioni del Vaticano nella stufa della Cappella Sistina. Precisamente la colofonia è responsabile del fumo bianco che annuncia l'elezione del nuovo pontefice.
Giovanni Carraro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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