Eleonora Bottaro è morta a 18 anni appena compiuti per avere rifiutato la chemioterapia

Mercoledì 13 Dicembre 2017
Eleonora Bottaro è morta a 18 anni appena compiuti per avere rifiutato la chemioterapia che, a detta della medicina ufficiale e secondo il buon senso, poteva salvarla. Nel processo di Padova i genitori, accusati di averla indotta al rifiuto sono stati prosciolti nell'udienza preliminare con formula piena. Le motivazioni non sono ancora note, ma, a quanto sembra, oscillano tra la tesi che il rifiuto del trattamento sanitario è un diritto dell'individuo, intangibile, assolutamente intoccabile, anche se il soggetto è minorenne e la tesi che tale atteggiamento, ancorché indotto dai genitori, non sarebbe sindacabile in sede giudiziaria per l'esigenza del rispetto della scelta. Vedremo quali saranno in concreto le ragioni addotte dal giudice che in ogni caso mi lasciano perplesso. Va ricordato in punto di fatto che il rifiuto della chemio era stato opposto soprattutto dai genitori, da tempo seguaci delle teorie di Hamer, tanto è vero, come non capita spesso, che l'Ulss padovana si era rivolta al tribunale per i minorenni che in tutta fretta aveva deciso la decadenza dalla patria potestà e la nomina di un tutore. Malgrado ciò la chemio era stata ancora rifiutata e la ragazza è morta appena compiuti i 18 anni. La patria potestà e la tutela obbligano i titolari a mantenere, educare e istruire i minori o gli incapaci e nel concetto di mantenere è certamente insito, come tutti sanno, il dovere di predisporre e di attuare tutte le misure possibili per garantire la salute e ogni altra facoltà della vita. I genitori sapevano che la medicina ufficiale esigeva ed esige il ricorso alla chemioterapia per difendere il malato dall'aggressione del male, tanto è vero che non erano stati pochi gli scontri con i medici dell'ospedale di Padova culminati nella dimissione decisa dalla famiglia contro la volontà espressa e categorica dei medici curanti. Ciò malgrado oggi la magistratura lancia un messaggio equivoco e forse pericoloso. La responsabilità, se c'è una responsabilità, è esclusivamente della ragazza che ha scelto il rifiuto e l'ha portato fino in fondo, fino a sacrificare la sua giovane vita. Perché poi? Semplicemente per inseguire una chimera insostenibile, la terapia senza l'unico rimedio suggerito dalla scienza e convalidato dall'esperienza. Vedremo quali argomenti il giudice opporrà alle conclusioni della scienza oppure alla tesi che l'individuo non è ammesso a decidere autonomamente se minorenne o incapace, in questo caso con correlativa assunzione di responsabilità dei titolari della patria potestà ovvero della tutela. Personalmente trovo che lo schermo della patria potestà e della tutela sia stato eretto e si sostenga da secoli e che il giudice deciso ad innovare dovesse almeno motivare sulla sospetta illegittimità dei tradizionali istituti del codice civile per contrasto con il diritto di rifiutare il trattamento sanitario proposto.
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