«Diamo una prospettiva a chi vive le nostre città

Giovedì 11 Ottobre 2018
«Diamo una prospettiva a chi vive le nostre città
L'INTERVISTA
«Mi son venesian, mia bisnonna era una Manin. Vivendo in giro per il mondo oggi, ho un particolare attaccamento per Venezia. Qui ci sono molti dettagli che sono molto molto contemporanei» Michele De Lucchi, 67 anni, ferrarese di nascita, è un architetto e designer che il mondo ci invidia. Due volte premiato con il Compasso d'oro ha disegnato interni di banche e grandi aziende; si è misurato con il design che ha fatto grande il made in Italy e ha realizzato importanti restauri e allestimenti. Uno fra tutti quello della celebre manica lunga alla Fondazione Cini. «Vede - aggiunge - il solo fatto che le case non abbiano uno sporto di gronda, ovvero che i tetti veneziani non fuoriescano dalla muratura perchè le pareti non si bagnino, fa sì che i volumi siano molto puliti, molto lineari. Tutto questo ci permette di vedere come i palazzi possano essere estrapolati dal contesto e diventare degli oggetti meravigliosi. Sono e diventano dei cofanetti meravigliosi».
Ieri De Lucchi era a Venezia per presentare le nuove stanze di Palazzo Querini Stampalia che andranno ad ospitare la collezione d'arte, di manoscritti e di numismatica dell'ex Cassa di Risparmio di Venezia e che Banca Intesa Sanpaolo ha deciso di collocare al terzo piano dell'edificio che ospita la storica Biblioteca querianiana.
Architetto, la forma urbis di Venezia è sempre qualcosa di affascinante ed intrigante.
«Non vi è dubbio. Questa forma urbana permette di mettere tanti oggetti in un'unica composizione scenografica. Basta buttare l'occhio fuori dalla finestra. E lo si capisce subito».
Ad esempio?
«Basta vedere Piazza San Marco o ancor più Campo Santa Maria Formosa con la chiesa messa nel mezzo. Nel cuore dello spazio. È una cosa spettacolare. I più grandi scenografi di oggi non potrebbero fare di meglio. L'altra cosa bella è nei palazzi, che con la loro magia e con le loro strutture interne, sono appoggiati sulla sabbia».
Grandi spazi, grandi stanze. Ci si perde.
«C'è un salone centrale, le stanze laterali. E ciò che è bello, direi affascinante è che si costruisce un gioco prospettico. Si gioca sulla profondità visiva. Queste stanze e questi saloni, proprio per il loro valore prospettico, dal punto di vista metaforico, ci offrono la possibilità di guardare lontano e ci offrono una saggezza intellettuale strepitosa».
Questione affascinante
«Già. Queste sale nei palazzi guardano lontano. Le pareti, approfittando del gioco prospettico, si avvicinano. Ed è qui che io mi sento a casa. Anche a Palazzo Querini Stampalia ne ho approfittato per metterle in fila».
Però viviamo in un mondo che non offre molte prospettive...
«La prospettiva è tutto. Senza di essa non c'è visione, non c'è organizzazione fisica delle cose. Non c'è futuro. Non c'è immaginazione di futuro».
Se la colleghiamo ai nostri tempi...
«In questo momento abbiamo una prospettiva estremamente corta perchè ci sono due aspetti della realtà che ci condizionano tremendamente. Uno: il cambiamento continuo. Oggi è più veloce di quello che riusciamo ad immaginare. Mentre una volta si diceva - dai va là che tra un po' cambia -, ora non fai più tempo a dirlo che è già tutto cambiato...»
Il secondo?
«È il sistema di mercato che ha attivato un processo economico che influenza tremendamente la società e che fa sì che siamo tutti fagocitati da questo. Senza questo sistema finanziario il mondo si blocca e questo sarebbe drammatico per tutti».
E l'architettura può aiutarci?
«Tutto il mondo contemporaneo è legato al funzionalismo e al bisogno di soddisfare delle esigenze pratiche. Le cose non si fanno più per far diventare bello il mondo, ma per farlo diventare più pratico. Questo fa sì che ci trovi anche di fronte alla domanda perché le hanno fatte così brutte?; Perché ci hanno rovinato ancora di più questo pezzo di paesaggio così bello?»
Già il paesaggio, Venezia polo di attrazione. Il Veneto
«Attenzione a non farne una attrazione pittoresca. Venezia manda segnali di contemporaneità strepitosi. Con le mostre, con gli eventi, con la ricerca. Per vedere le cose più contemporanee oggi, bisogna venire a Venezia. Paradossalmente è meglio venire a Venezia che andare a New York, che è tutto dire. Venezia deve usare la sua capacità di attrazione per comunicare la contemporaneità. E poi deve ripulirsi di cose che sono state fatte». (sorride). Il mondo è ingombrato molto di cose che non servono e che sono brutte. Bisogna mettersi lì, con lucidità e capire il valore delle cose che non valgono, che non servono e che sono esteticamente ingombranti. E allora buttiamole via» (sorride nuovamente).
Architetto, se lei avesse quel famoso Compasso d'oro in mano che ci farebbe?
«Lo venderei per guadagnare un po' di soldi e questi li userei per diffondere delle idee più sane e per renderci meritevoli di tenere ben saldi i piedi sulla crosta di questo pianeta»
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Paolo Navarro Dina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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