«Da don Massimiliano solo tre lasciti alla Curia»

Sabato 16 Febbraio 2019
CHIESA E VELENI
VENEZIA Sono tre e non cinque le eredità lasciate alla Chiesa veneziana. Ancora una volta la Curia diocesana con una nota precisa le dichiarazioni di don Massimiliano D'Antiga riguardo i lasciti che il sacerdote avrebbe fatto avere alla Diocesi.
LA LETTERA
A creare confusione sulle donazioni è stata una lettera di ringraziamento che D'Antiga, ex amministratore parrocchiale di San Salvador e rettore di San Zulian, ha inviato nei giorni scorsi ai fedeli e agli amici delle due chiese, in cui ha spiegato sommariamente la gestione economica dei beni ecclesiastici che ha amministrato, sottolineando anche di aver indirizzato «alcuni fedeli, che avevano il desiderio di lasciare i propri averi alla Chiesa, alla Curia veneziana che con essi ha potuto beneficiare una ventina di missioni e finanziare progetti per sovvenire alle necessità dei più poveri».
LE EREDITÀ
Il Patriarcato con una prima nota del 12 febbraio aveva precisato che i lasciti sono stati tre. D'Antiga in una successiva intervista al Gazzettino aveva dichiarato di aver procurato cinque lasciti di Gianni Prete, Maria Grazia Molin, Elisabetta Tomasi, Concetta Albanese e Tibe Ferroni. Ancora una volta è arrivata pronta la risposta del Patriarcato: delle cinque eredità indicate da don Massimo D'Antiga tre corrispondono a quelle già citate nella prima precisazione, vale a dire Elisabetta Tommasi (2002), Concetta Albanese (2005) e Tibe Ferroni (2013); mentre dell'eredità Gianni Prete (2005) non era beneficiaria la Diocesi di Venezia, in quanto destinataria era una decina di realtà missionarie e istituti religiosi terzi rispetto alla Diocesi. Infine l'eredità Maria Grazia Molin (2004), diretta a parecchi enti e privati cittadini, non è stata considerata in quanto l'importo stabilito era stato lasciato solo formalmente al Patriarcato di Venezia affinché lo destinasse totalmente alla parrocchia di Ol Moran della Diocesi di Nyahururu in Kenya.
LE PROPRIETÀ DI FAMIGLIA
La Curia di Venezia nelle due note del 12 e del 14 febbraio non è invece entrata nel merito dei quindici immobili della famiglia D'Antiga, molti intestati al sacerdote, ma la vicenda ha punti non molto chiari. Se infatti lo stesso don Massimiliano nella ultima intervista ha dichiarato essere beni che la famiglia ha costruito in tanti anni di lavoro (anche pescando vongole), e addirittura quando il sacerdote non era nato, viene da chiedersi come mai dalle visure catastali risultano acquisite dopo la sua ordinazione sacerdotale. E i dubbi iniziano a crescere sempre più forti nei vecchi parrocchiani.
D.G
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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