Come cambia il lavoro con l'industria 4.0

Domenica 25 Giugno 2017
Dell'importanza del lavoro per lo sviluppo della città di Venezia si è parlato nel 3^ convegno regionale veneto della Federazione Maestri del lavoro d'Italia dal titolo Venezia e la sua laguna: non solo arte, ma anche lavoro che si è svolto ieri alla Scuola grande di San Teodoro. Il maestro del lavoro Andrea Comoretto ha ricordato la sua esperienza di lavoro quarantennale nel servizio pubblico, raccontando le difficoltà a ripristinare la luce in città durante l'acqua granda del 1966. Il maestro del lavoro Lando Arbizzani ha invece ricostruito la storia di Porto Marghera, dalle sue origini ai giorni nostri. «Le fabbriche di Marghera hanno dato lavoro a migliaia di persone - ha affermato Arbizzani- Purtroppo molti giovani dirigenti oggi non hanno visioni che pensino alla sua trasformazione e non all'abbandono. Ci troviamo con migliaia di ettari di deserto che è impossibile tornino alla natura perché è impossibile bonificarle. Va pensata una attività non civile perché l'area è molto inquinata».
L'economista Giorgio Brunetti ha infine effettuato un excursus del lavoro a Venezia dal 1700 ai giorni nostri, sottolineando come lo svuotamento della città, sia di abitanti che di attività industriali e produttive, sia iniziato dopo l'alluvione del 1966. «Oggi la città storica ha pochi residenti e molti utilizzatori - ha detto Brunetti - le attività sono legate alla ospitalità, alla ristorazione, al commercio, ma vi sono anche addetti alle istituzioni artistiche, artigiani di supporto alle attività di manutenzione della città, lavoratori della conoscenza (università, ricercatori e studiosi) e artigianato di qualità. Il progresso tecnologico, la cosiddetta industria 4.0, sta rivoluzionando il sistema. Il lavoro è il problema di oggi perché la tecnologia sta progressivamente distruggendo certo tipi di lavoro e ne fa sorgere altri. La tendenza dominante è una contrazione dell'occupazione». Il convegno si è concluso con la consegna di attestati di riconoscenza a Paolo Baldin, Vincenzo Grosso, Gianfranco Noaro, Antonio Terrin e alla memoria di Giuseppe Capovilla.
Daniela Ghio
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